Ammissibile. La Corte europea dei diritti dell'uomo apre un nuovo fronte giudiziario anti-Ilva e contro l'Italia, ammettendo il ricorso promosso da 207 cittadini per i danni alla salute provocati dall'inquinamento dello stabilimento siderurgico di Taranto. «Dopo la beffa dei vari decreti salva-Ilva, che hanno di volta in volta prorogato l'attività degli impianti, arriva finalmente una notizia positiva per i cittadini che chiedono a gran voce protezione dal giudice europeo», ha detto l'avvocato Anton Giulio Lana, presidente dell'Unione forense per la tutela dei diritti umani e legale degli oltre duecento ricorrenti. Obiettivo è quello di ottenere l'interruzione forzata dell'attività dell'Ilva e quella che, nei termini del diritto europeo, viene definita "equa soddisfazione", ovvero il risarcimento del danno per le vittime e i loro cari. Il ricorso punta a tutelare gli interessi di 207 persone - tra gli eredi e gli attuali dipendenti dell'Ilva - che hanno subito gravissimi pregiudizi alla salute a causa dell'inquinamento dell'impianto. La maggior parte, infatti, è deceduta o combatte contro carcinomi e malattie alla tiroide e, a sostegno della pretesa davanti alla Corte, ognuna delle loro posizioni mediche è stata allegata al ricorso.Se normalmente, per ricorrere alla Corte europea dei diritti dell'uomo, è necessario il previo esaurimento delle vie di ricorso interne, nel caso dell'Ilva i legali hanno fatto valere la violazione permanente al diritto alla salute causata dall'Ilva e il fatto che nessun procedimento giuridico previsto dal nostro ordinamento permette di porre fine alla lesione.Ora - dopo l'esame preliminare sull'ammissibilità e il via libera ottenuto - la Cedu comunicherà al Governo italiano il ricorso, dando il termine per presentare le osservazioni (il Governo avrà tempo fino al febbraio prossimo) e le repliche dei ricorrenti. Nel caso in cui la Corte pronunciasse sentenza di condanna, infine, la sua decisione sarebbe vincolante per il Governo italiano, che non potrebbe più voltarsi dall'altra parte. Quanto ai tempi, è impossibile stabilire la durata del procedimento ma «i giudici europei hanno accolto anche la domanda di trattazione prioritaria del ricorso collettivo, che sarà dunque deciso in tempi brevi», ha spiegato Lana, che ha motivato la richiesta della "corsia preferenziale" perché molti dei 207 ricorrenti sono attualmente malati.Il Governo italiano dovrà quindi rispondere sia di condotta omissiva nei confronti dei cittadini di Taranto, che non sono stati tutelati nel loro diritto alla salute, ma anche di condotta attiva di lesione. Il ricorso, infatti, contiene riferimento ai cosiddetti decreti salva-Ilva: il primo risale al 2010 (varato dal governo Berlusconi) e da allora ne sono seguiti altri otto, l'ultimo dei quali è stato approvato lo scorso gennaio. Si è trattato, in sostanza, di provvedimenti volti a salvaguardare la produzione industriale dello stabilimento siderurgico, grazie allo stanziamento di molti milioni di euro in finanziamenti per le bonifiche e per gli stipendi dei dipendenti. «Tutto in totale spregio all'ordinanza di sequestro senza facoltà di uso dello stabilimento emanata dal tribunale nel 2012», ha aggiunto Lana.All'epoca, i periti avevano accertato che le emissioni dell'Ilva provocavano «malattie e morte» e il giudice aveva sequestrato gli impianti: l'allora ministro dell'ambiente Corrado Clini, però, aveva fatto ricorso al Tribunale del riesame e varato un provvedimento che consentiva all'azienda un "lasciapassare" di 36 mesi di produzione, in attesa di adeguare gli impianti inquinanti.Oggi, il governo italiano si trova di nuovo a rispondere - questa volta davanti ai vertici europei - di uno dei peggiori drammi ambientali e sanitari della storia italiana: secondo i periti della Procura, le emissioni dell'impianto siderurgico hanno causato una media di 1650 morti e 3900 ricoveri l'anno, solo nel periodo tra il 2004 e il 2010. E, mentre i giudici europei esaminano la mole di documenti del ricorso, i fumi dell'Ilva ancora ingrigiscono il cielo di Taranto.