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Il Cile va verso una nuova costituzione. Approfondiamone ancora i recenti avvenimenti attraverso un’intervista a due appartenenti della sezione italiana di Chile Despertó (Il Cile si è svegliato), gruppo internazionale di solidarietà alle rivendicazioni recentemente affiorate nel Paese sudamericano. Tra le tante iniziative, la più importante al momento è la campagna affinché i cileni all’estero abbiano la possibilità, attualmente non prevista, di votare per la costituente. Javier Ossandon, manager d’impresa, era direttore nazionale del turismo in Cile durante il governo di Allende. È arrivato nel 1977 in Italia e ha partecipato anche a Cile Democratico, associazione che coordinava la solidarietà con il Cile durante l’epoca di Pinochet e denunciava le situazioni lesive dei diritti umani a governi e Nazioni Unite. Carolina Lara, attrice e regista teatrale in Italia da 14 anni, è presidente di Caleuche, associazione di cileni in Piemonte che da 11 anni diffonde la cultura cilena e promuove l’integrazione. Da cosa si è svegliato il Cile esattamente? Javier: «Chile Despertó è un richiamo perché la gente si risvegli insieme intorno a problemi comuni ormai molto difficili. La dittatura di Pinochet intendeva affermare la proprietà privata come elemento centrale di tutta la società, non solo in senso economico ma anche sociale e culturale. La Costituzione del 1980 ancora in vigore non è che il culmine di questo processo. Ma il consumismo e la privatizzazione hanno creato una situazione insostenibile per la maggior parte della popolazione: le promesse del modello neoliberale non si sono avverate. Ad un certo punto la situazione è esplosa». Carolina: «La gente ha detto “basta, occorre cambiare”. Ma la Costituzione attuale è troppo rigida, non è possibile fare alcun cambiamento così». Javier: «Occorrono 3/5 dei parlamentari per fare una riforma costituzionale e non c’è come in Italia la possibilità di referendum confermativo qualora non si raggiunga questa soglia. Di aggiornamenti ce ne sono stati, ma non hanno mai toccato il nerbo centrale che impedisce lo sviluppo dei diritti sociali». In un primo momento però si parlava del Cile come miracolo economico … Javier: «Gli anni di governo della Concertazione Democratica, l’arco politico del centrosinistra, hanno visto un certo sviluppo, ma diseguale. Il Cile è uno dei Paesi più diseguali nell’Ocse e la negoziazione collettiva è vietata dalla Costituzione. E ciononostante le rivolte hanno colto di sorpresa i parlamentari e il governo, che guadagnano più dei parlamentari italiani!» Carolina: «Prima la gente si indebitava per un televisore; ora si indebita per mangiare e comprare medicine! Questo mentre poche famiglie hanno in mano tutto!» In effetti i dati [Forbes, 2014, ndr] dicono che 12 miliardari cileni hanno in mano il 25% della ricchezza. Inoltre molti beni che dovrebbero essere pubblici sono stati privatizzati Carolina: «Esatto. Prendiamo ad esempio l’acqua, che è in mano ai privati, tra cui l’Enel! E noi un referendum per ripubblicizzarla non lo possiamo fare. Oppure consideriamo le università private; io ho usufruito di una borsa di studio, ma ho amici che si sono indebitati e per lungo tempo per poterle frequentare». Javier: «Intere popolazioni non hanno un buon accesso all’acqua, che finisce soprattutto alla grandi imprese estrattive, perché devono pagarla cara. Sul piano internazionale c’è grande preoccupazione in merito. Persino le coste sono state assegnate alle imprese peschiere. Queste privatizzazioni, così come la creazione dei fondi pensionistici privati, sono stati fatte sotto il governo di Ricardo Lagos, centrosinistra. C’è stata perciò adesione al modello neoliberale da parte dei partiti che ci hanno condotto verso la democrazia». Siete stati in Cile nel periodo del proteste? Carolina: «Io sì, a novembre 2019. Ho sentito una sensazione di solidarietà profonda tra le persone, che si era un po’ perduta e che anche in Italia andrebbe recuperata. Erano soprattutto manifestazioni pacifiche; c’erano i violenti, ma la reazione dei Carabineros è stata assolutamente sproporzionata. Oggi abbiamo circa 30 morti, più di 400 persone e migliaia di feriti come bilancio delle rivolte. Anche io sono dovuta scappare dai lacrimogeni e dagli spari, correndo insieme ai miei amici come una disperata. Alcuni di loro hanno subito ferite». Javier: «Vorrei ricordare che tutto questo è stato documentato da Amnesty International e dal Human Rights Watch. Chiediamo la liberazione dei 2200 detenuti politici attualmente incarcerati; di recente si è scoperto che su due prigionieri, ora liberati, erano state costruite prove false. Il corpo dei Carabineros de Chile c’era anche prima del golpe, ma la dittatura l’ha resa una sorta di forza armata pari a quella militare; forse oggi c’è meno intelligence rispetto a quei tempi e un po’ meno ferocia, ma le conseguenze di quelle scelte le paghiamo ancora oggi. C’è inoltre molta corruzione dentro i Carabineros». Che cosa dovrebbe prevedere la nuova Costituzione? Javier: « Occorre fondarla sui diritti umani. Bisogna uscire dal regime presidenziale: serve la figura del premier, il Presidente concentra in sé troppi poteri. Occorre introdurre i diritti sociali, oggi quasi inesistenti. Occorre stabilire la parità di genere, cosa che sarà agevolata dalla parità di presenza di uomini e donne nella costituente. Infine occorre garantire diritti alle popolazioni indigene, tema sul quale il Cile ha già ricevuto richiami internazionali ancora non rispettati dal governo». Carolina: «È necessario stabilire la plurinazionalità del popolo cileno. Il popolo Mapuche è solo il più famoso dei gruppi indigeni; ce ne sono diversi altri, e tutti hanno bisogno del riconoscimento delle proprie forme di vita ancestrali.Rispetto alle questioni di genere, è necessario ampliare il diritto all’aborto, ora limitato ai soli casi di malattie del feto e della madre e in casi di stupro». Non credete che oltre la Costituzione occorrano altro tipo di misure, visto il difficile momento dovuto alla pandemia? Javier: «Sì, occorre permettere alle persone di poter ritirare almeno il 20% del proprio conto previdenziale per alleviare l’attuale sofferenza economica, anche se il governo non vuole. Serve anche un salario di emergenza; questo è un Paese dove il livello di vita rimane più caro che in Italia». Carolina: «Occorre anche stabilire un blocco dei licenziamenti come in Italia! C’è gente che arriva a fingere di non avere il virus per non perdere il lavoro».Potete seguire Chile Despertó-Italia sulla loro pagina Facebook.