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In tutte le Regioni sono in corso le aperture dei centri dedicati alla vaccinazione dei bambini dai 5 agli 11 anni con un dosaggio ridotto di Pfizer-BioNTech e sono stati fatti accordi specifici con i medici pediatrici di base ai quali è stata data l’autorizzazione di fare le somministrazioni nei loro studi. Da poco erano stati autorizzati i vaccini per gli adolescenti dai 12 ai 17 anni. Praticamente si dà inizio ad una vaccinazione che coinvolge l’età pediatrica più piccola, finalizzata a raggiungere una maggiore copertura nel Paese, oltre che riprendere il calendario vaccinale tradizionale per i bambini e le eventuali cure pediatriche sospese, anche a seguito del timore dei genitori che la frequentazione delle strutture sanitarie potesse portare all’infezione del virus. In tutta Europa il virus ha rincominciato a correre. I bambini non sono affatto immuni al Covid-19. Già i dati clinici che si andavano accumulando negli ultimi mesi indicano una realtà ben diversa dall’idea che la pandemia non risultasse così grave nei confronti dei bambini. La European Academy of Pediatric (EAP) e la European Confederation of Primary Care Pediatrician (ECPCP) hanno pubblicato una richiesta congiunta affinché i bambini vengano vaccinati. In uno studio pubblicato sul Journal of Pediatrics da Lael M. Yonker, dirigente medico del Massachusetts General Hospital for Children, troviamo scritto: «Sono rimasto sbalordito dagli alti livelli di virus riscontrati in bambini di tutte le età. Non mi aspettavo che la carica virale fosse così alta pensate un ospedale e a tutte le precauzioni prese per curare adulti gravemente malati. Ebbene sappiate che le cariche virali di quei pazienti ospedalizzati sono significativamente inferiori a quelle di un “bambino sano” che se ne va in giro con una alta carica virale di Sars-Cov2». I bambini, come gli adulti - denuncia a sua volta Annamaria Staiano, presidente della Società italiana di Pediatria - si infettano e il numero degli infetti negli ultimi mesi sta aumentando soprattutto nelle fasce di età più giovani e le manifestazioni cliniche non sono più tanto lievi. A questi rischi si aggiunge negli ultimi giorni la variante Omicron. L’obiettivo finale, sostenuto dal Ministero della Salute, è immunizzare le fasce d’età a partire dai più piccoli e questo sia per una protezione individuale che per una questione di sanità pubblica. L’approvazione di un vaccino anche in età prescolare rafforza un dibattito che alcuni Paesi, in specie la Germania e la Francia, hanno già iniziato da tempo ad affrontare: la polemica se valga la pena di avviare una campagna vaccinale in una categoria di età che in genere il Covid-19 risparmia non in termini di contagi, ma di gravità. Incertezze non condivise dalla Società Italiana di Pediatria sia perché gli studi hanno dimostrato che l’8 per cento dei ricoveri pediatrici è avvenuto in assenza di fattori di rischio o di malattie concomitanti, sia perché la parte di bambini e adolescenti non vaccinati, come già ricordato, continua ad essere un serbatoio del virus e quindi suscettibile di ricadute (quarantene) nelle scuole e infezioni personali e familiari. Bisogna vaccinare i bambini anche prevalentemente nel loro interesse perché, anche in casi in cui l’infezione è asintomatica non sono da escludere, come ha evidenziato l’Istituto Superiore della Sanità, la comparsa di complicazioni a carico del sistema nervoso centrale o del cuore. Complicanze che possono durare nel tempo. È quello che viene definito long Covid e che le ricerche più recenti denunciano che si stia verificando nel mondo dei più piccoli con una percentuale crescente. Un altro problema è la necessità del consenso dei genitori per vaccinare i propri bambini ed è facile ipotizzare che le divergenze fra genitori, già portate innanzi ai giudici per gli adolescenti, si ripeteranno anche per i bambini. È facile prevedere un numero di genitori incerti se far correre ai propri figli i rischi anche minimi di un vaccino. Sarà certamente più facile convincerli in considerazione di una immunità individuale, ora che le infezioni crescono, che non parlargli della immunità di gregge e di principi di solidarietà. Il governatore Nicola Zingaretti lancia un appello ai genitori: fate vaccinare i vostri figli perché è un atto di amore. Un atto di amore considerato dal Comitato Tecnico Scientifico in piena sicurezza: i dati che arrivano da Paesi, come gli Stati Uniti dove sono già stati vaccinati milioni di bambini, non mostrano ragioni di preoccupazione né rischi. Per quanto riguarda gli adolescenti a fronte di divergenze tra genitori e figli attualmente le sentenze si sono avvalse della volontà espressa da questi ultimi. Ovviamente quando usciamo dal mondo degli adolescenti il problema del consenso informato in pediatria ha una rilevanza scientifica ed etica che si può considerare unica. La regola che il minore vada ascoltato e che possa esprimere le sue preferenze in relazione alla sua capacità di discernimento è in questa fascia pediatrica irrealizzabile. Ne consegue che la decisione sulle scelte vaccinali è condizionata dalle competenze scientifiche del medico di valutare la idoneità del bambino da sottoporre al vaccino, sia dalla fiducia dei genitori nelle indicazioni del medico. Ai pediatri in questa fase spetta dunque una profonda opera attiva di informativa, immaginando le incertezze dei genitori. Una "alleanza" fra genitori e medici indispensabile. Agli scienziati e ai politici resta il compito di attuare una comunicazione corretta, trasparente dei benefici del vaccino pediatrico. Questa sarà una fase fondamentale per la buona riuscita della campagna vaccinale dei più piccoli anche per evitare fake news. Come, poi, ricordato dal Comitato Nazionale per la Bioetica nel parere La sperimentazione biomedica per la ricerca di nuovi trattamenti terapeutici nell’ambito della pandemia Covid-19: aspetti etici (2020) non solo la ricerca sui vaccini, ma anche la ricerca sui farmaci antivirali contro Sars-Cov-2, e dunque anche quella pediatrica, deve essere portata avanti, focalizzando l’attenzione sulla sperimentazione biomedica al fine di trovare idonei e nuovi trattamenti terapeutici. Forse questa pandemia ci ha insegnato ad incrementare questo genere di ricerca oggi carente a seguito di una lunga catena di scelte fatte in passato con scarsi investimenti. *Presidente del Comitato nazionale per la Bioetica