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É legittimo il Daspo adottato nei confronti di tifosi entrati allo stadio indossando cappellini con l’effige stilizzata di Adolf Hitler, «essendo chiaro il messaggio apologetico di diffusione delle idee discriminatorie e di supremazia razziale del regime nazista, con comportamento idoneo a porre in pericolo l’ordine pubblico e sintomatico di una specifica pericolosità». A stabilirlo è il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia Romagna, che ha respinto il ricorso di alcuni tifosi dell'Hellas Verona, nei cui confronti il questore aveva disposto il Daspo di due anni dopo essere stati individuati, nelle operazioni di afflusso allo stadio di Bologna per la partita del campionato di serie A Bologna - Verona del 19 gennaio 2020, con addosso i cappellini inneggianti a Hitler, denunciati per violazione della legge antidiscriminazione del 1993 (Legge Mancino), reato aggravato dall'avere commesso il fatto in occasione di manifestazioni sportive . La loro condotta è stata, dunque, ritenuta pericolosa per l’ordine pubblico, «a prescindere dal verificarsi o meno di concreti episodi di violenza tra tifosi, si dà concretarsi il presupposto tipico per l’emanazione del Daspo». Ha ricordato il Tar che il divieto di accesso agli impianti sportivi può essere imposto non solo nel caso di accertata lesione, «ma anche in caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo; detto potere si connota infatti di un'elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto (Cons. St., sez. III, 7 maggio 2019, n. 2916). Per tale misura, così come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione, vale la logica del "più probabile che non", non richiedendosi la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari. È dunque sufficiente una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato a una elevata attendibilità (Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2019, n. 866)». La Questura di Bologna, che si è costituita in giudizio, ha anche ricordato la condanna inflitta a tali tifosi il 16 marzo, con decreto del Gip che ha disposto il pagamento dell’ammenda di 5.625,00 euro, rimarcando il «chiaro contenuto apologetico quale simbolo di violenza per motivi razziali». Secondo la difesa dei tifosi dell'Hellas non ci sarebbe «alcun automatismo tra la denuncia penale ed il Daspo, ribadendo come i cappellini sequestrati non costituiscono un chiaro messaggio apologetico di diffusione di supremazia razziale, non indicando l’Amministrazione la concreta pericolosità per l’ordine e sicurezza pubblica quale presupposto indefettibile della misura di prevenzione impugnata». Per il Tar, però, aver indossato quei cappellini, per il chiaro messaggio apologetico di diffusione delle idee discriminatorie e di supremazia razziale del regime nazista, «appare comportamento idoneo a porre in pericolo l’ordine pubblico e sintomatico di una specifica pericolosità, a prescindere dunque dal verificarsi o meno di concreti episodi di violenza tra tifosi, si da concretarsi il presupposto tipico per l’emanazione del Daspo».