Una donazione di neanche 52 dollari è costata a Ksenia Karelina (cittadina con doppio passaporto, russo e statunitense) la condanna a 12 anni di carcere per “alto tradimento”. La sentenza è stata pronunciata in Russia, il giorno di Ferragosto, dal giudice del tribunale di Ekaterinburg, Andrei Mineev, lo stesso che ha condannato a 16 anni di prigione per spionaggio il giornalista del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, liberato all’inizio del mese in occasione di uno scambio di prigionieri tra Russia e Stati Uniti.


Karelina è stata fermata a gennaio, dopo aver raggiunto i parenti ad Ekaterinburg. In un primo momento il fermo è avvenuto perché la donna ha usato un linguaggio poco opportuno e offensivo nei confronti degli agenti della polizia di frontiera intenti a fare i controlli di rito. Questa circostanza ha aperto, poco dopo, le porte alle accuse più gravi. Le forze di sicurezza le hanno sequestrato in aeroporto il telefono e, dopo alcune verifiche, hanno scoperto che la ballerina residente a Los Angeles aveva trasferito nel febbraio 2022 dal suo conto americano la somma di 51,8 dollari in favore dell’organizzazione “Razom for Ukraine”.

Immancabile anche in questo caso l’intervento dell’Fsb. I servizi di sicurezza hanno imbastito le prime accuse nei confronti di Karelina, ritenendola responsabile di una raccolta fondi in favore delle forze armate ucraine «per acquistare forniture mediche tattiche, armi e munizioni». Da qui si è arrivati alla condanna di due giorni fa, al termine di un processo celebrato a porte chiuse. La procura aveva chiesto 15 anni di galera.


Non sono pochi gli osservatori che considerano l’ennesima condanna di un cittadino con passaporto straniero – o russo con altra cittadinanza - il risultato di una strategia ben precisa. La Russia mantiene vivo il cosiddetto “fondo di scambio”, una sorta di tesoretto al quale attingere in alcuni momenti di tensione con altri Stati, per lo più potenze occidentali che avversano Mosca dopo la scellerata avventura della guerra di invasione in Ucraina. Per Ksenia Karelina, però, la permanenza in carcere durerà ancora a lungo. Altri scambi, a meno di colpi di scena, come quello del 1° agosto scorso che ha portato alla scarcerazione, tra gli altri, degli oppositori Vladimir Kara-Murza, Oleg Orlov e Ilya Yashin, non se ne vedono all’orizzonte.
Il portavoce della Casa Bianca per la sicurezza nazionale, John Kirby, ha commentato la condanna a 12 anni di carcere di Ksenia Karelina e ha usato parole molto dure. «La sentenza non è altro che la conseguenza di una crudeltà vendicativa», ha detto Kirby. «Stiamo parlando – ha aggiunto - di 50 dollari. Parlare di tradimento è assolutamente ridicolo».
Il caso Karelina si ricollega alla stretta da parte delle autorità nei confronti delle organizzazioni dichiarate “indesiderate”, che non possono operare in Russia. Le origini delle norme liberticide risalgono a prima della guerra scoppiata il 24 febbraio 2022.

Dall’inizio dell’invasione militare russa ai danni dell’Ucraina più di un centinaio di organizzazioni sono state costrette a chiudere o a trasferirsi all’estero. Numerosi sono stati i provvedimenti emessi per le critiche espresse nei confronti delle forze armate russe, per le prese di posizione contrarie all’aggressione subita dall’Ucraina o per le iniziative di raccolta fondi in favore di altre organizzazioni operanti in Ucraina o in altri Paesi ritenuti nemici.
Dall’inizio del 2022 alla fine di luglio 2024 in Russia i tribunali hanno aperto 214 fascicoli riguardanti le attività di organizzazioni “indesiderate”. Nel 2022 e nel 2023 il numero dei procedimenti aperti è stato quasi identico (58 e 55). Quest’anno, invece, fino a giugno, il numero di casi è quasi raddoppiato: i procedimenti contro le organizzazioni “indesiderate” sono al momento 101.
Andrei Pivovarov, oppositore politico originario di San Pietroburgo, già direttore di Open Russia (organizzazione fondata dal magnate Mikhail Khodorkovsky), è stato scarcerato nello scambio di detenuti dell’inizio di agosto. Mosca ha ottenuto la liberazione di alcune spie che hanno potuto fare ritorno in Russia. Pivovarov – considerato da Memorial un “prigioniero politico” - è stato in carcere per quasi quattro anni in una colonia della Carelia. Il suo è stato il primo caso di condanna in Russia per «aver guidato un’organizzazione indesiderabile». Stava finendo di scontare per intero la pena. Gli restava solo un altro mese di carcere e l’utilizzo del “fondo di scambio” ha anticipato la sua liberazione.