Giorno 22 gennaio 2025, presso la sede istituzionale del Consiglio Nazionale Forense si è tenuto il Convegno “Genitori e figli nell’era digitale. Ripensare la responsabilità genitoriale nella dimensione on-life”. L’iniziativa, fortemente voluta dalla Coordinatrice della Commissione “Diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni”, avvocata Daniela Giraudo, e dalla Consigliera Federica Santinon, ha offerto un’importante opportunità di confronto su temi delicati e di stringente attualità. L’avvocatura, infatti, è chiamata a riflettere e a ripensare la responsabilità genitoriale nell’era digitale.

Come evidenziato dal professore e avvocato Filippo Romeo, componente della Commissione “Diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni” del CNF e Ordinario di Diritto privato presso l’Università Kore di Enna, oggi si parla sempre più frequentemente di adolescenti “on-life”. In effetti, tutti noi viviamo immersi in una dimensione digitale che diventa sempre più totalizzante e assorbente. La continua “interazione” e “interconnessione” tra l’ambiente fisico e quello digitale fa sì che le esperienze di vita “on-life” e “off-life” si intreccino e si sovrappongano, rendendo sempre più labile la distinzione tra pubblico e privato.

In questo contesto, come evidenziato da Romeo, il rapporto tra genitori e figli diventa particolarmente complesso, anche a causa della difficoltà di molti genitori nel guidare i propri figli verso un “discernimento digitale”. Questa capacità di orientarsi nella dimensione digitale è fondamentale, poiché può esporre i minori a gravi rischi. Spesso, sono gli stessi genitori, con i loro comportamenti - come la costante condivisione online di contenuti che riguardano i figli - a contribuire, senza rendersene conto, alla creazione di un “dossier digitale” che può permettere a malintenzionati di acquisire, per scopi illeciti, foto e video di minori pubblicati sui social (c.d. “sharenting”).

Quanto evidenziato può anche portare al pericoloso fenomeno dell’adescamento on-line (c.d. “grooming”), finalizzato a instaurare una relazione intima e sessuale con il minore, che può così diventare vittima di “cyberpredatori” adulti. In questo scenario, la famiglia, che rappresenta la prima agenzia educativa, si trova sempre più in difficoltà. Come sottolineato da Filippo Romeo, siamo di fronte a una vera e propria «emergenza educativa contemporanea» che solleva questioni importanti e urgenti. I genitori spesso si sentono disorientati nel cercare di relazionarsi in modo corretto e adeguato con i propri figli e nell’esercitare in modo “efficace” la responsabilità genitoriale.

Paradossalmente, ci preoccupiamo di monitorare i nostri figli quando sono fuori casa, utilizzando sofisticati sistemi di geolocalizzazione - il che, tra l’altro, può comportare violazioni della loro privacy - ma trascuriamo di controllare cosa stiano facendo quando sono accanto a noi, seduti sul divano di casa e costantemente connessi. Ignoriamo, ad esempio, se stiano compiendo atti illeciti on-line che potrebbero comportare specifiche responsabilità ai sensi dell’articolo 2048 del codice civile.

Nell’interconnessione tra ambiente fisico e ambiente digitale, i genitori spesso tendono a sottovalutare o non comprendere appieno ciò che sta realmente accadendo. In particolare, possono non notare talune pericolose forme di isolamento. Un esempio è il fenomeno dell’Hikikomori, che descrive una condizione di ritiro sociale sempre più estremo, in cui una persona ogni forma di relazione e contatto diretto, vivendo esclusivamente nella dimensione on-life.

Inoltre, come sottolinea Romeo, questa condizione patologica potrebbe essere stata indotta da esperienze di aggressione o prevaricazione perpetrate tramite tecnologie digitali da parte di altri soggetti minori di età. Il fenomeno complesso e articolato del cyberbullismo, oggi regolato dalla legge numero 71/2017, espone le vittime - spesso minori già in situazioni di vulnerabilità e disagio sociale - a gravi conseguenze psicofisiche, come ansia e fobia sociale, oltre a effetti emotivi, quali solitudine, isolamento e depressione.

In questo scenario sempre più complesso ed inquietatane, l’Avvocatura specialistica è chiamata a svolgere un ruolo attivo. Come sottolineato dall’avvocata Daniela Giraudo, questo è un tema che le sta particolarmente a cuore da quando ha appreso che il 50 per cento delle immagini pedopornografiche che circolano nel dark web sono ricavate dagli account social dei genitori.

La questione rinvia alla constatazione che la generazione dei genitori ha assistito ad un cambiamento radicale. Si è passati, in pochi decenni, dal telefono a cavo e dal suonare al citofono per chiamare gli amici all’uso dell’intelligenza artificiale. Di conseguenza, chi non è nativo digitale tende a utilizzare il mondo digitale in modo poco consapevole.

Ci si può domandare, a questo punto, quale sia il ruolo degli avvocati, che non sono né precettori né tantomeno badanti degli adulti che si rivolgono a loro, spesso in momenti critici delle loro vite, per cercare di ricomporre conflitti, talvolta laceranti. La risposta, secondo Giraudo, è che gli avvocati possano fare molto sia nella veste di curatori del minore sia come “sentinelle dei diritti” nella piena esplicazione di quella funzione sociale che è intrinseca al loro ruolo e fa parte del dna dell’Avvocatura.

Non stiamo parlando di problematiche ignote: al contrario, spesso esiste un livello di consapevolezza che risulta tuttavia del tutto superficiale, come se la questione non riguardasse realmente i genitori. Si tende a considerare queste problematiche come questioni da relegarsi a situazioni di disagio e fragilità eclatanti, senza rendersi conto che esiste una quotidianità che deve essere monitorata con sempre più attenzione.

La Consigliera Giraudo ritiene quindi che gli avvocati debbano divenire interpreti di una rivoluzione culturale che parta dai genitori, sensibilizzandoli nel momento in cui si affidano all’assistenza legale. Questo approccio sì allinea con l’invito alla collaborazione che il Dottor Stefano Benzoni, neuropsichiatra infantile, ha limpidamente descritto nel corso del convegno. Una collaborazione che non implica necessariamente un accordo totale, ma che deve diventare «la strategia per gestire il disaccordo». Non si tratta di divenire censori delle vite altrui, in un momento già complicato, ma di cogliere l’occasione per colmare il gap esistente rispetto alle nuove tecnologie.

Spesso manca la consapevolezza del pericolo che oggi esiste, sotto molteplici aspetti difficili da immaginare nell’apparente normale quotidianità. In particolare, durante il convegno si è riferito di migliaia di foto postate dai genitori nei primi anni di un figlio, talvolta dall’ecografia. Quegli stessi genitori che hanno fatto sparire in fretta le imbarazzanti foto di tagli di capelli improbabili fatte dai loro genitori, ora nonni, con la Polaroid.

Non sorprende, quindi, che con il tempo siano proprio i figli i primi a esprimere disappunto per la pubblicazione delle loro immagini da parte dei genitori. Si tratta di un tema complesso e di grande attualità, che merita di essere affrontato con l’obiettivo di comprenderne appieno le dinamiche. Il Garante australiano ha suggerito alcune modalità utili per sensibilizzare i genitori, che la Consigliera Federica Santinon e la Consigliera Giraudo hanno poi adattato in base all’esperienza domestica.

Da questo confronto è nato un decalogo, che sarà distribuito ai colleghi, contenente una serie di avvisi e istruzioni pratiche: va riconosciuto, al riguardo, che spesso non è facile attivare adeguati standard di sicurezza, essendo molti utenti privi della competenza tecnologica necessaria. Come ha saggiamente osservato Benzoni, infatti, siamo “immigrati digitali”.

Il decalogo che ne è derivato ha l’obiettivo di supportare i colleghi e le colleghe che quotidianamente assistono tante famiglie e minori in difficoltà, cercando di raggiungere il maggior numero possibile di genitori e di elevare la loro sensibilità riguardo al problema.

La Consigliera Giraudo sottolinea che non si deve considerare fuori dal mandato conferito il dovere di spiegare i rischi legati a comportamenti che, a prima vista, possono sembrare innocui. Informare i genitori su tali rischi li mette al riparo da possibili censure sulla responsabilità genitoriale e consente loro di agire in un quadro condiviso e concordato, al di là dei conflitti, per la protezione dei propri bambini.

In conclusione, la consigliera Giraudo afferma che l’avvocatura ha il compito di supportare non solo i genitori, ma anche i bambini e i ragazzi, che rappresentano il nostro futuro. È fondamentale accompagnarli nell’affrontare le sfide della tecnologia, considerandola come una grande opportunità, ma allo stesso tempo proteggerli in modo efficace dai numerosi, e talvolta subdoli, rischi che essa comporta.

*avvocata, Coordinatrice Commissione Diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni Cnf
**Ordinario di Diritto privato (Università Kore di Enna) e membro Commissione Diritto della persona, delle relazionifamiliari e dei minorenni Cnf