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Una vera e propria guerra all’arma bianca, un’esplosione di ferocia incontrollata che fotografa il degrado assoluto che regna nella carceri brasiliane, tra le più affollate e disumane del pianeta e sempre più spesso teatro di truculenti fatti di cronaca.
Sono almeno 15 le vittime di una brutale battaglia scattata tra due gruppi di detenuti del complesso penitenziario Anisio Jobim (Compaj) nella capitale dello stato brasiliano dell’Amazzonia, Manaus, città sperduta nella giungla. L’informazione è stata confermata nel corso di una conferenza stampa del segretario all’amministrazione penitenziaria dello stato, colonnello Marcos Vinicius Almeida, secondo cui le violenze sono scoppiate durante le ore di visita. Secondo i primi rilievi dei tecnici dell’Istituto di medicina legale di Manaus, le vittime sono state uccise per asfissia o accoltellate con diversi oggetti, addirittura con degli spazzolini da denti. Ci vuole molta forza e molta selvaggia determinazione per uccidere un essere umano con uno spazzolino da denti.
«Non si è trattato di una ribellione contro le guardie carcerarie ma una lotta interna tra diversi gruppi, un regolamento di conti. Mai si erano registrati omicidi durante le visite. Alcuni sono stati uccisi nelle proprie celle a sbarre chiuse, altri hanno commesso gli omicidi davanti ai familiari nelle sale colloquio», ha aggiunto Almeida.
Il segretario ha anche detto che nessun secondino è stato preso in ostaggio, non ci sono stati feriti tra gli agenti e nessun detenuto ha tentato la fuga dal perimetro del penitenziario. Per stabilire i motivi e le rispettive responsabilità delle violenze, il segretario all’amministrazione penitenziaria ha riferito che sarà l’inchiesta aperta sul caso a fare luce sulle cause dei disordini e che, grazie alle telecamere interne che hanno ripreso tutto, sarà possibile accertare l’identità dei responsabili.
Il governo amazzonico ha riferito di aver rinforzato i controlli della polizia all’esterno del presidio e sulle strade limitrofe, e che tutti nei centri di detenzione dello stato sono stati inviati rinforzi. Il Copanj è lo stesso istituto di pena dove a gennaio del 2017 un violentissimo scontro tra fazioni criminali avverse aveva causato la morte di 56 persone nel corso di quella che fu definita come «la più grande strage del sistema carcerario brasiliano» con scene infernali e diversi detenuti uccisi tramite decapitazione con i machete. All’epoca gli scontri furono causati da una lotta per la conquista del controllo del traffico di droga dentro e fuori il penitenziario tra il Primeiro comando da capital (Pcc) di San Paolo e la Familha do Norde, gruppo criminale locale affiliato al Comando vermelho (Cv) di Rio de Janeiro.
Lo stato allarmante delle prigioni brasiliane era stato fotografato dall’Ong Usa Human Right Watch nel suo ultimo rapporto: «Nel corso degli ultimi decenni, le autorità brasiliane hanno sempre abdicato alle loro responsabilità di mantenere l’ordine e la sicurezza. Questo fallimento viola i diritti dei prigionieri ed è una manna per bande, che fanno uso di prigioni come terreno di reclutamento».