Sul conflitto tra Israele e Hamas, l’Assemblea generale dell’Onu – qui non vige il meccanismo dei veti - si spacca e affiorano diverse contraddizioni. La risoluzione non vincolante sulla “tregua umanitaria”, presentata da 22 Paesi arabi e approvata venerdì scorso, non condanna gli attacchi di Hamas ed è il riflesso su scala globale delle divisioni generate dalla tragedia mediorientale. In alcuni casi le spaccature e le contraddizioni vanno a braccetto, formando un mix che accentua la presenza di preoccupanti schieramenti opposti. Una situazione sconsolante in prospettiva futura per tentare un “dialogo” tra le parti in causa.

L’Assemblea generale, composta da 193 membri, ha adottato la risoluzione sulla "Protezione dei civili e rispetto degli obblighi legali e umanitari" (documento A/ES-10/L.25 ), con 121 voti favorevoli, 14 contrari e 44 astensioni, chiedendo «a tutte le parti di rispettare immediatamente e pienamente i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario». Nella stessa giornata è stato respinto un emendamento canadese sostenuto dagli Stati Uniti con il quale si condannavano gli “attacchi terroristici” del 7 ottobre da parte di Hamas. Questo passaggio è stato depennato nella risoluzione presentata dai Paesi arabi. Nel documento votato si chiede «il rilascio immediato e incondizionato di tutti i civili tenuti illegalmente prigionieri» e si sottolinea «il grave impatto che il conflitto armato ha avuto sulle donne e sui bambini, nonché su altri civili che possono presentare vulnerabilità specifiche, comprese le persone con disabilità e persone anziane».

Il voto di pochi giorni fa ha provocato l’immediata indignazione dell’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan, il quale ha parlato di «un giorno che passerà all’infamia». Il diplomatico, con il linguaggio forte che si registra pure a Tel Aviv nelle ultime settimane, ha aggiunto: «Israele non fermerà l’operazione finché le capacità terroristiche di Hamas non saranno distrutte e i nostri ostaggi non saranno restituiti. L’unico modo per distruggere Hamas è sradicarli dai loro tunnel e dalla città sotterranea del terrore. L’Organizzazione delle Nazioni Unite è stata fondata sulla scia dell'Olocausto con lo scopo di prevenire le atrocità. Israele ha appena subito il più grande massacro di ebrei dai tempi dell'Olocausto e secondo la maggioranza della cosiddetta “Famiglia delle Nazioni”, Israele non ha il diritto di difendersi».

In merito alle contraddizioni e alle divisioni, l’Europa si è mossa in maniera eterogenea. La risoluzione sulla tregua è stata votata dalla Francia e dalla Spagna in compagnia della Russia. Il voto contrario è stato espresso dall’Austria, dalla Croazia e dall’Ungheria. Tra gli astenuti l’Italia, la Germania, il Regno Unito, la Grecia e l’Ucraina. L’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente d’Italia all’Onu, nel suo intervento dopo la votazione, ha evidenziato lo sforzo dei Paesi arabi, che, però, non si è spinto oltre una certa posizione. «Riconosciamo il lavoro svolto dai Paesi arabi – ha commentato Massari -, ma non è stato sufficiente per far votare l’Italia a favore della risoluzione. Nel testo manca una chiara condanna alle azioni di Hamas». A poche ore dai lavori dell’Assemblea generale anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è espressa sulla risoluzione, ponendo l’accento sulla necessità di «non avallare le tentativi di divisione, di trasformazione di questo problema in un conflitto che potrebbe avere dimensioni inimmaginabili».

Esulta il fronte arabo. Riyad Mansour, osservatore permanente per lo Stato di Palestina, ha rilevato che «le nazioni amanti della pace si sono sollevate e hanno dimostrato che la comunità internazionale non ha abbandonato la promessa, lo scopo e i principi delle Nazioni Unite e non ha abbandonato l’Unione palestinese». L'ambasciatrice degli Emirati Arabi, Lana Nusseibeh (è anche rappresentante araba al Consiglio di Sicurezza), ha parlato di un segnale preciso lanciato alla comunità internazionale: «I 120 voti espressi sono un segnale molto importante del sostegno al diritto internazionale, all’uso proporzionato della forza. Rappresentano un rifiuto dello status quo attualmente in atto».

Con queste diversità di vedute nel massimo consesso internazionale come si potrà ragionare ad un riavvicinamento tra israeliani e palestinesi?