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Ci sarebbero almeno due mosse da compiere per rimettere al centro del dibattito politico le donne: dare loro grande spazio nell’eventuale nuovo governo, con ministeri chiave, e costruire un’agenda, anche per la durata di un anno, che affronti i temi del lavoro, del welfare e della lotta contro la violenza sulle donne lasciando alle spalle il populismo dell’esecutivo precedente.
Ma queste due mosse, auspicate in parte anche da Maria Teresa Meli sul Corriere della sera, hanno un impedimento di non poco conto. Da mesi, le scelte della politica sono affidate totalmente ai maschi. Salvini, Di Maio, Fico, Di Battista, Grillo, Berlusconi, Renzi, Zingaretti, Grasso, Mattarella.
Non mancano le politiche in gamba, le ministre preparate, le deputate e le senatrici di grande valore, ma quando la crisi incombe, le donne spariscono dalla scena mediatica e difficilmente prevale un loro protagonismo nel dettare le condizioni o l’agenda. Non siamo qui a piangere. Semmai a registrare il ritardo della politica italiana che ogni volta si accontenta di qualche nome in più e spesso in meno di donne nella compagine governativa.
È un problema serio perché riducendo tutto a un monocolore si impoverisce la democrazia e si fa un cattivo servizio al Paese. Più nomi di ministre nel Conte bis, Rousseau permettendo, sarebbe una bella notizia.
È vero infatti, come sottolineano diverse intellettuali femministe, che non basta essere donne per portare nuovi contenuti e una sensibilità diversa. Ma più ministre sarebbe il segno di un’Italia che cambia e diventa più democratica.
C’è poi la questione dei contenuti, delle scommesse che ancora vanno vinte in una società dove le donne vengono uccise perché donne. Il precedente governo ha pensato di sconfiggere questa piaga con il codice rosso, solo in parte positivo e comunque non esaustivo. Ci sono ben altre iniziative da prendere, in primis quella di finanziare i centri.
La sfida più importante resta quella del cambiamento sociale, per un rapporto diverso uomo- donna. Ma se la politica resta una roccaforte maschile, si parte con la palla al piede e difficilmente si va lontano. Ci sono tante donne competenti che possono far parte delle istituzioni. Poi subito l’altra tappa: un’agenda contro la violenza sulle donne strutturata e supportata da un serio investimento economico.