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Le repressioni in Venezuela contro gli oppositori del regime di Nicolás Maduro hanno provocato una crisi diplomatica con l’Argentina, che una settimana fa, insieme ad altri sei Stati dell’America Latina (Costa Rica, Guatemala, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana e Uruguay), ha condannato la richiesta d’arresto nei confronti dell’ex candidato dell’opposizione alla presidenza venezuelana, Edmundo González Urrutia, rifugiatosi, grazie ad un salvacondotto, in Spagna.
La tensione tra Argentina e Venezuela ha raggiunto i massimi livelli dopo che l’ambasciata argentina a Caracas è stata assediata dalle forze speciali. Una decisione che rischia di provocare il definitivo strappo tra le due capitali sudamericane con un incendio che potrebbe divampare in tutto il Sud America. Nicolás Maduro vuole usare le maniere forti e non tollera nessun gesto di sfida, men che meno sul proprio territorio. Di qui l’interruzione delle relazioni diplomatiche con Buenos Aires. Nell’ambasciata argentina si sono rifugiati alcuni oppositori del regime chavista. Sul posto, secondo quanto riferito da Pedro Urruchurtu, collaboratore della leader di “Vente Venezuela” María Corina Machado, si sono appostate numerose pattuglie delle forze speciali e uomini incappucciati appartenenti al temuto Servizio di intelligence nazionale bolivariano (Sebin).
La crisi è acuita anche da un altro fatto. Maduro vorrebbe dare una lezione all’Argentina in quanto quest’ultima ha trasmesso, con l’intervento diretto della ministra degli Esteri, Dina Mondino, alla Corte penale internazionale una richiesta di mandato d’arresto nei confronti del presidente venezuelano e di altri funzionari legati a lui. Ad aprile l’autorità giudiziaria argentina ha riaperto un caso contro il governo Maduro per crimini contro l’umanità in base al «principio della giurisdizione universale» e della «giurisdizione extraterritoriale». La recente richiesta di arresto fa invece riferimento agli episodi successivi alle elezioni presidenziali del 28 luglio scorso, in cui il vincitore risulterebbe l’esiliato Edmundo González Urrutia.
Nella contesa è stato coinvolto il Brasile, che ha offerto sostegno all’Argentina, ponendo dal 5 agosto scorso sotto custodia la sede diplomatica a Caracas. Maduro ha però revocato il beneplacito concesso al governo carioca per rappresentare gli interessi dell’Argentina. Il provvedimento è una delle conseguenze della rottura delle relazioni diplomatiche tra Caracas e Buenos Aires.
In una nota ufficiale di palazzo Miraflores è stato rilevato che il Venezuela «si vede obbligato a prendere questa decisione dalle prove che si hanno sull’uso della missione diplomatica argentina per la pianificazione di attività terroristiche e di tentativi di attentato contro il presidente Maduro e la sua vice, Delcy Rodriguez». Ferma la risposta del Brasile che non intende fare alcun passo indietro e rivendica l’inviolabilità delle rappresentanze diplomatiche. «Conformemente alle disposizioni delle Convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari – afferma il governo del presidente Luiz Ignacio Lula da Silva -, il Brasile resterà in custodia e difesa degli interessi argentini fino a quando il governo argentino indicherà un altro Stato accettabile per il governo venezuelano per esercitare le suddette funzioni».
Giuseppe Paccione, professore di diritto internazionale umanitario dell’Università degli Studi “N. Cusano”, si sofferma sulla inviolabilità delle sedi diplomatiche. «Non è consentito – commenta Paccione -, come prevede la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, agli agenti dello Stato accreditatario di accedere alle sedi di diplomatiche di un altro Stato, tranne che con l'assenso del capo missione che ha carattere assoluto, e non possono essere oggetto di alcuna perquisizione, requisizione o altra misura esecutiva.
Per quanto riguarda l’affidamento della sede diplomatica argentina al Brasile, la stessa Convenzione, in caso di rottura delle relazioni diplomatiche, prevede che lo Stato accreditante, il Venezuela, deve assegnare la custodia dei locali della missione a un terzo Stato. Infatti, di fronte alla rottura dei rapporti diplomatici tra Caracas e Buenos Aires, il governo argentino ha deciso di affidare l’incarico alle autorità brasiliane nella gestione e nella messa in sicurezza della sede diplomatica».
Paccione si sofferma pure sulla questione dell’asilo diplomatico che è stato offerto ad alcuni oppositori anti- chavisti, ricercati dalla giustizia venezuelana. «Si tratta – aggiunge - di un istituto riconosciuto solo dai Paesi dell’America Latina con la Convenzione di Caracas del 1954, ma non dal resto della comunità internazionale, che garantisce la piena immunità all’individuo che si rivolge a un’ambasciata del continente latino americano e, in particolar modo, il diritto di ricevere un salvacondotto per lasciare il Paese dove è perseguito penalmente sul piano politico. La questione sta ora nel comprendere quali saranno i prossimi passi da parte del governo Maduro: se andare contro i Trattati internazionali oppure trovare una soluzione pacifica per evitare che la situazione degeneri non solo sul piano interno, ma anche con i Paesi con cui ha deciso di manifestare il pugno di ferro».