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La voce rotta dal pianto, carica di disperazione. E le scuse alla famiglia di Luca Sacchi, il 24enne ucciso il 23 ottobre scorso davanti ad un pub della Capitale, proprio da suo figlio, il 21enne Valerio Del Grosso, che lei stessa ha consegnato alla polizia. «Posso solo chiedere scusa», dice Giovanna Proietti ai microfoni di Giornale Radio 1, convinta che la sua scelta di denunciare il figlio fosse l’unica cosa possibile da fare, l’unica speranza, per Valerio, di avere una possibilità di riscatto.
«È giusto che adesso paghi e si assuma le sue responsabilità e so che lo farà», dice la donna, che non cerca alcuna scappatoia per suo figlio. «Sono distrutta dal dolore sapendo che una mamma e un papà, un'intera famiglia, sta piangendo la morte di un figlio. Ancora non posso credere che Valerio abbia potuto fare un gesto simile. E come me tutti quelli che lo hanno visto crescere nel quartiere. Per questo con lo stesso dolore nel cuore - continua - non ho mai pensato mai nemmeno un minuto che si potesse fare una cosa diversa da quella che ho fatto».
È stata proprio Giovanna Proietti, infatti, a far arrestare il figlio, il giorno dopo quell’agguato che ha lasciato Luca agonizzante e in condizioni disperate davanti al pub in cui si trovava con la fidanzata e gli amici, prima di morire, poche ore dopo, in ospedale. Del Grosso e l’amico Paolo Pirino, arrestato assieme a lui in quanto complice del tentativo di rapina e dell’omicidio, sarebbero ora intenzionati a parlare con i magistrati, dopo aver deciso di rimanere in silenzio subito dopo l’arresto. E nel frattempo, sulla pagina social del difensore di Del Grosso, l’avvocato Alessandro Marcucci, fioccano le minacce. «Ti meriti di perdere un figlio ammazzato, sei peggio degli assassini», ha scritto un utente della rete.
«La nostra è una famiglia per bene di lavoratori e per questo non potevamo aggiungere al dolore di questa tragedia la vergogna di sentirci in qualche modo complici - spiega la donna -. Quel giorno ho anche pensato che forse era l’unica maniera per dare a Valerio una speranza di riscatto. Valerio non è quello che si legge sui giornali. Anche lui aveva deciso di consegnarsi alla giustizia, lo so per certo, come so che non voleva uccidere, ma di questo non voglio dire, ci penseranno gli avvocati. Sono distrutta dal dolore sapendo che una mamma e un papà, un’intera famiglia sta piangendo la morte di un figlio. Oggi c’è solo la vergogna e il dolore per una tragedia che non avrei mai potuto immaginare e per la quale a nome della mia famiglia posso solo chiedere scusa».
La morte di Luca è una vicenda ancora poco chiara, fatta di testimonianze contraddittorie e molti nodi ancora da sciogliere. Si tratta di quelli relativi al presunto scambio di droga, in realtà mai realizzato, la rapina, i soldi - circa 2mila euro - mai ritrovati, contenuti nello zainetto di Anastasia Kylemnyk, la fidanzata di Luca, che il giovane avrebbe tentato di difendere, vendendosi colpire prima con una mazza da baseball - usata da Pirino per aggredire Anastasiya - e poi con un colpo di pistola alla testa, esploso da Del Grosso. E rimane da capire dove sia finito quel calibro 38 dal quale è partito il colpo, così come mancano i soldi, che alcuni testimoni avrebbero visto in mazzette da 20 e 50 euro nello zainetto della giovane, mentre sono stati recuperati la mazza di metallo, il portafoglio e lo zainetto rosa della ragazza, gettato in uno spartitraffico a Tor Bella Monaca. Da chiarire, poi, i ruoli delle altre persone presenti sul posto. Come quello di Giovanni Princi, «l’amico intimo di Luca», che avrebbe accompagnato Anastasiya e avrebbe mostrato agli emissari dei pusher il denaro destinato all’acquisto di marijuana. Una trattativa che Princi ha negato, vedendosi smentire da altri due testimoni, Valerio Rispoli e Simone Piromalli, mediatori di Del Grosso, che proprio all’amico di Luca si sarebbero rivolti su indicazione dei pusher.
Giovanna Proietti, madre di quattro figli, ha potuto vedere Valerio giovedì in carcere, dove ora dorme solo sotto tranquillanti. Un figlio che la donna tenta di proteggere nel modo più estremo, affidandolo alla legge, nella speranza di una riabilitazione. E così, dopo aver saputo da lui quanto era successo la notte prima, ha deciso di fare l’unica cosa giusta da fare: andare al vicino commissariato di polizia a San Basilio e denunciare tutto. «Ho paura che mio figlio sia coinvolto nell'omicidio di Luca Sacchi», aveva detto la donna ai poliziotti. E da lì si è arrivati subito al giovane e al suo amico e complice Pirino. Una vita semplice, quella della famiglia Del Grosso, in una casa a Casal Monastero, quartiere dove tutti li conoscono come gente normale. Una frase che hanno ripetuto più volte ai giornalisti a caccia di dettagli della vita di Valerio.
Il 21enne lavorava in una pasticceria del posto, dove si è recato anche la mattina dopo l’omicidio, per poi andare via all’ora di pranzo, quando la notizia della morte di Luca ha preso a circolare, dicendo di stare male. Il giorno successivo, invece, è stato il padre di Valerio ad avvisare che non sarebbe andato a lavorare, spiegando quanto era accaduto. Il giovane, da poco tempo, era anche diventato padre. Tempo fa era stato invece denunciato dalla ex compagna per percosse: in quell’occasione, infatti, le avrebbe rotto un timpano e contro di lui fu disposto un divieto di avvicinamento.