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"Giorno e notte dentro la residenza, io e un'altra infermiera a dividerci tra ottanta anziani, riposando poche ore su un materasso a terra per 15 giorni di fila. Non uscivamo nemmeno sul balcone per non dare il cattivo esempio. Se qualcuno di loro si raffreddava, manifestando sintomi sospetti, sarebbero stati guai. Una prigione? No, ora che sono tornata a casa mi sento in prigione. Quella era casa mia perche' mi sentivo utile". Antonella Galluzzo racconta la sua avventura da reality tra le mura della Domus Patrizia, la casa di riposo di Milano che ha evitato contagi dall'esterno chiudendo dentro, in 5 piani, oltre a lei e alla collega, anche tredici operatori sociosanitari e un addetto alle pulizie. Fuori un medico pronto a entrare per qualsiasi esigenza "ma per fortuna non c'e' mai stato bisogno". Inevitabili discussioni e contrasti nel piccolo gruppo di naviganti rimasti a bordo, "ma di fronte ai nostri anziani siamo sempre uniti e attenti a ogni loro minima esigenza". Un'esperienza fisicamente molto dura: "Nei primi giorni io e la mia collega abbiamo lavorato 24 ore su 24 ore. Poi ci siamo divise, una faceva dalle 7 alle 21, l'altra dalle 21 alle 7. A dormire qualche ora ho 'imparato' solo alla fine, prima mi concentravo su tutta la scomodita' e i dolori alla schiena. C'era chi dormiva in palestra, chi nella sala medica, chi nella parruccheria, chi nel ripostiglio o nell'archivio. Avevamo anche messo un letto in chiesa, ma poi nessuno se l'e' sentita di stare li'. Tutti questi locali erano rimasti vuoti. Avevamo un materasso e qualche coperta, che potevamo portare dove volevamo. Di notte faceva cosi' caldo che stavo senza pigiama. Oltre a quello, con me avevo solo una tuta e la divisa da lavoro. Alla fine, ho usato solo la divisa". Pasti in mensa, col cibo che entrava sui carrelli e con tutte le cautele, bagni di servizio. C'era una chat di gruppo tra chi era dentro e chi fuori, "con la dirigenza pronta ad accogliere ogni richiesta".