Dove si trova ora Yevgeny Prigozhin? Nascosto in qualche campo dei suoi paramilitari della Wagner in Bielorussia, oppure in Russia proprio vicino al suo quartier generale di San Pietroburgo o magari in volo su un aereo diretto in Africa dove il gruppo di mercenari svolge ancora la sua attività per conto del Cremlino? Tutte domande alle quali in molti starebbero cercando di dare una risposta.

Il fondatore del gruppo Wagner non ha più rilasciato dichiarazioni da quando, il 26 giugno, aveva lasciato Rostov, la città che i suoi uomini avevano occupato militarmente per poi dirigersi verso la capitale russa fermandosi a soli duecento chilometri. Prigozhin aveva spiegato in un messaggio video di aver voluto evitare un bagno di sangue e che la sua era stata solo una protesta.

Da quel momento in poi solo silenzio. La tesi più accreditata era stata che Prigozhin avrebbe ottenuto ospitalità in Bielorussia grazie alla mediazione portata avanti da Lukashenko, alcune testimonianze confermavano che l'ex chef di Putin si trovava nei giorni seguenti presso un famoso hotel di Minsk. Nel frattempo non era chiaro neanche se fossero state ritirate le accuse di sedizione armata contro di lui.

Ma quello che sembrava essere un vero e proprio esilio, nascondendosi da sicari che sarebbero stati sguinzagliati dal Cremlino, rimane un mistero. Lo ha confermato lo stesso Lukashenko che ieri ha aggiunto altri elementi che contribuiscono a rendere più fitta la nebbia.

Il presidente bielorusso infatti ha dichiarato che il capo della Wagner non si trova a Minsk ma che sarebbe tornato in Russia. In realtà alcuni giorni fa si pensava che fosse transitato nell'ex Leningrado solo per prendere effetti personali. Una circostanza che però come molte altre rimane coperta da un velo di voci non confermate.

Il Cremlino ha ostentato indifferenza affermando che non sta seguendo i movimenti di Prigozhin anche se alcuni media russi hanno riportato la notizia di una perquisizione in una casa presumibilmente del fondatore della Wagner, dove sarebbe stata rinvenuta una sostanza definita droga. Stesso discorso vale per la sorte dei mercenari i quali secondo l'accordo, raggiunto grazie alla mediazione di Lukashenko, sarebbero riparati in alcuni campi base in Bielorussia (l’unica circostanza che sembra aver al momento un fondamento grazie a delle evidenze fotografiche) anche se movimenti di truppe Wagner vengono segnalati in Ucraina orientale o in strutture di addestramento nella regione russa di Krasnodar. Sicuro comunque, come ribadito da Lukashenko, che un'offerta per i contractors della Wagner di stabilirsi in Bielorussia in diversi siti militari dell'era sovietica è ancora valida, una prospettiva che ha allarmato i vicini paesi della NATO e non poco. In questo senso il leader bielorussio ha contribuito a infittire la trama del mistero perché a suo dire in realtà il gruppo Wagner non pare aver accettato l'invito. Forse perché nel suo discorso Lukashenko ha detto di non essere preoccupato di avere combattenti Wagner in Bielorussia, aggiungendo però che potrebbero rimanere nel paese solo a determinate condizioni.

La principale è che se ci fosse bisogno di attivarli per la difesa della Bielorussia, allora ciò sarebbe fatto immediatamente verso qualsiasi direzione. Parole che dietrologicamente sembrano rivolte alla Russia piu che all'Ucraina. Lukashenko è un alleato fondamentale per Mosca ma gioca anche una partita tutta personale per mantenere il potere a forza di repressione. Magari in questo senso la sua mediazione con Prigozhin prevedeva proprio un passaggio di padrone per la Wagner in cambio di protezione. Solo ipotesi come quelle che si fanno su chi sarà il nuovo capo della milizia. Molti indizi portano al nome del cofondatore Dmitry Utkin, rimasto sempre sul campo, dalla Siria al Donbass. Un uomo che potrebbe stringere un altro patto con Putin il quale non ha mai attaccato i soldati mercenari affermando in diverse occasione che la maggior parte dei miliziani sono patrioti.