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Due morti e 780 feriti, di cui 61 per colpi di arma da fuoco e 10 nei bombardamenti israeliani su Gaza per rappresaglia ai missili lanciati da Hamas: è un bollettino di guerra il bilancio del Venerdì della collera contro la decisione Usa di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Ai lanci di pietre nella Città Santa e sulle strade polverose della Cisgiordania e della Striscia, si è aggiunto però un macigno diplomatico che l'Italia e altri quattro Paesi europei hanno deposto sul tavolo del Consiglio di sicurezza dell'Onu, riunito d'emergenza. Nella dichiarazione congiunta sottoscritta anche da Francia, Germania, Gran Bretagna e Svezia si condanna con fermezza la decisione dell'Amministrazione Trump: "Siamo in disaccordo" con una scelta che "non è in linea con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e non è di aiuto alla prospettiva per la pace nella regione". "Lo status di Gerusalemme deve essere determinato attraverso negoziati tra israeliani e palestinesi", hanno aggiunto i cinque Paesi, tra cui figurano due stretti alleati di Usa e Israele come Italia e Gran Bretagna. Nel suo intervento l'ambasciatore italiano, Sebastiano Cardi, ha espresso grande preoccupazione "per il rischio di disordini e tensioni nella regione" e ha ribadito che "non c'è alternativa alla soluzione dei due Stati". "L'Italia ribadisce il suo impegno a lavorare a questo obiettivo, contribuendo alla ripresa di un significativo processo di pace", ha concluso. Ancora più duro l'inviato speciale Onu in Medio Oriente, Nickolay Mladenov: "Qualsiasi decisione unilaterale che cerchi di modificare lo status di Gerusalemme potrebbe seriamente minare gli attuali sforzi di pace e avere ripercussioni in tutta la regione", ha avvertito, sottolineando che "non c'è un piano B alla soluzione dei due Stati" con Gerusalemme per capitale. L'ambasciatrice Usa, Nikki Haley, ha cercato di uscire dall'angolo affermando che "il presidente Trump ha riconosciuto l'ovvio" ma non ha preso una posizione sui confini, "che devono essere ancora decisi da israeliani e palestinesi", né sullo status finale per il quale "sostengono la soluzione dei due stati se raggiunta d'accordo dalle parti". Washington ha evitato una risoluzione di condanna solo grazie al suo potere di veto.