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In Germania la paura, che dalle elezioni locali nei lander del Brandeburgo e Sassonia, scaturisse un’ondata di voti per l’estrema destra di Alternative fur Deutschland, era palpabile. L’avanzata si è verificata ma forse non nei termini catastrofici che lasciavano presagire i sondaggi. Sicuramente i partiti di governo hanno fatto registrare un vistoso arretramento, Cdu e Spd infatti hanno subito un’emorragia di voti ma l’Afd non è riuscito in nessun caso a diventare la prima forza di governo locale. In Sassonia i Cristiano democratici hanno raggiunto il 32%(10 punti in meno rispetto alla precedente consultazione del 2014) mentre l’estrema destra si attesta al 27.5%. Pericolo scampato? Nell’immediato si, ma non può passare inosservato il fatto che Afd triplica letteralmente i suoi consensi. Il risultato poi va visto anche in relazione al pessimo exploit dei social democratici che sono scesi all’8%. Il fronte progressista poi non può neanche annoverare il successo dei Verdi, che avanzano fino all’8% (avevano il 5,7% nel 2014) ma senza rispettare i pronostici dei sondaggi che li davano in fortissima ascesa. Va meglio per l’Spd nel land del Brandeburgo, qui la caduta libera è stata meno evidente. I punti persi sono stati 5 (dal 31,9% al 27%) ma non si è verificato il testa a testa con Alterrnative fur Deutschland che raggiunge il 22,7%. Anche in questo caso, seppur in maniera più attenuata, il guadagno di consensi è stato evidente. La costante è quella che riguarda la prova dei Verdi, sebbene fossero accreditati di un buonissimo risultato la formazione ecologista si ferma al 10%, bel lontana dal quel raddoppio di voti che si aspettava dalle urne. Male, anzi malissimo, la sinistra della Linke che perde ben il 75 scendendo all’11%. Sul risultato di queste elezioni locali hanno pesato sicuramente almeno due fattori messi in evidenza da uno dei leader di Afd Alexander Gauland. La situazione economica della parte est, dove si trovano Brandeburgo e Sassonia, mai completamente integrata con l’ovest e ora la prima a risentire della crisi economica che comincia a mordere la Germania. L’estrema destra, in campagna elettorale, si è assunta il compito di completare le promesse della riunificazione del 1989 e ora può far leva sulla ristrutturazione produttiva all’indomani della chiusura delle miniere di carbone. Ma l’elemento centrale è stato soprattutto il tema dell’immigrazione, nell’Afd esercita sempre più influenza la cosiddetta Flugel, l’ala più oltranzista e sospettata di contiguità con ambienti del neonazismo, e sotto attacco è stata messa la politica di apertura della Merkel (poi ampiamente ridimensionata). Un cocktail pericoloso che viene agitato facendo scaturire la retorica della “memoria negata”e dei tedeschi (non solo dell’est) come cittadini di seconda classe. I riflessi a livello nazionale di queste elezioni sono molteplici, se infatti da un lato la grosse koalition (governo di Sps e Cdu) ha ricevuto uno schiaffo sonoro, dall’altro la paura che una rottura dell’accordo provoca stabilizza probabilmente l’esecutivo. Sul piano locale invece i numeri potrebbero portare ad un allargamento del fronte di sinistra con l’inclusione dei verdi.