Si calcola che all’inizio degli anni 80 in Germania dell’est ci fosse una spia ogni 59 abitanti, la percentuale più alta del mondo. Familiari, amici, colleghi di lavoro, vicini di casa, praticamente ognuno dei 16 milioni di cittadini conosceva o era in stretto contatto con un agente della Stasi.

Il nome corrisponde all’acronimo di Staatssicherheit, il ministero della sicurezza di Stato che faceva funzione di polizia politica, servizio di intelligence, spionaggio e controspionaggio. Una burocrazia tentacolare che esercitava il controllo assoluto sull’insieme della popolazione della Ddr nella ricerca perpetua di veri o presunti oppositori, dissidenti o semplici “disfattisti”. Creata nel 1950 sul modello della Mgb sovietica, la Stasi assume i contorni di un grande fratello diffuso solo dopo il ’53, all’indomani della rivolta operaia che fece tremare il nascente regime socialista, ma è soltanto nel ’57 con l’arrivo alla Ruschestraße 103 del sulfureo Erich Mielke che il ministero viene riorganizzato da cima a fondo. Mielke guiderà la Stasi con il pugno di ferro fino al 1989, anno in cui implode il regime.

Da qualche migliaio di agenti l’organico passa a oltre 250mila membri tra operativi e informatori disseminati un po’ ovunque. Questi ultimi erano dei cittadini ordinari che venivano reclutati nell’entourage delle persone sospettate, permettendo di entrare all’interno della sua intimità, di catalogarne i pensieri e le emozioni. Il professore di Oxford Timothy Garton Ash nel ’78 andò a studiare a Berlino est per un anno e in seguito scoprì che tutte le persone che aveva conosciuto, insegnanti, amici, persino le fidanzate erano delle spie incaricate di compilare il suo dossier. La Stasi era compartimentata in divisioni, ciascuna specializzata in una specifica attività: intercettazioni telefoniche, intercettazioni ambientali, pedinamenti, controllo della corrispondenza; chi veniva “attenzionato” non aveva più una vita privata e, prima o poi, quasi tutti nella Ddr finivano in un dossier iche sulla copertina portava il loro nome e un numero di matricola.

Alla divisione XX per esempio era affidata la sorveglianza dell'apparato statale, delle Chiese, del mondo della cultura allo scopo di individuare le cosiddette “attività politiche clandestine” o potenzialmente sovversive, alla sezione XIX il controllo della posta e dei media, la XII si occupava del servizio centrale d’archivio, poi il monitoraggio dell’insegnamento, del mondo dello sport e così via. È la combinazione, la sinergia tra le diverse sezioni e la mole ipertrofica del suo organico che ha reso la Stasi uno strumento formidabile nella raccolta di informazioni.

A differenza di altri apparati di repressione e sorveglianza raramente impiegava la coercizione e la violenza fisica per raggiungere propri obiettivi, i suoi metodi erano molto più raffinati e penetranti e gli agenti avevano tutti conoscenze approfondite di psicologia. Per descriverli veniva utilizzato un termine specifico: Zersetzung, decomposizione, una tecnica elaborata alla JHS, la scuola del ministero per “decomporre” l’esistenza delle persone sorvegliate, minandone l’autostima, spingendole verso la depressione e la crisi di identità. Dai documenti resi pubblici dopo la caduta del Muro, emerge l’incredibile livello di manipolazione raggiunto dalla Stasi: i sospetti venivano coinvolti in fatti ed eventi apparentemente slegati tra loro ma concepiti per avvilirli dal punto di vista psicologico e per isolarli socialmente.

Simulazioni di incidenti, sabotaggi anche minimi come la ruota forata di una bicicletta o un contatore della luce che salta, misteriosi furti di oggetti personali, irruzioni clandestine nelle abitazione per modificarne l’aspetto, falsificazione della corrispondenza, lettere anonime, telefonate mute, conflitti sul lavoro, trasferimenti improvvisi il località lontane dalla famiglia, denunce per piccoli reati mai commessi, un precipizio che poteva condurre anche alla pazzia.

L’interrogatorio classico dove intervenivano anche le percosse e gli abusi fisici era solamente l’ultimo, estremo rimedio, destinato ai pochi che non si piegavano, ma avveniva molto raramente. Il più delle volte era sufficiente il Zersetzung per annullare qualsiasi velleità. Lo scrittore e dissidente Jürgen Fuchs perseguitato per anni dal regime definisce quelle tecniche un «crimine psicosociale» e «un assalto all’animo umano». La fama della Stasi come mostro occhiuto a cui nulla sfugge costituiva soprattutto un potente mezzo di deterrenza per tutti gli aspiranti oppositori, creando forme di paranoia collettiva e di autocensura tra la popolazione, il terrore psicologico mirava a rafforzare il sentimento di rassegnazione a stroncare nella mente degli individui lo stesso senso critico.

Dopo la liquidazione dell’agenzia e la riunificazione delle due Germanie, nel 1991 il parlamento tedesco ha approvato la Stasi- Unterlagen-Gesetz una legge che permette a ogni ex cittadino di poter consultare il proprio dossier negli archivi dell’ex ministero della sicurezza; ne hanno usufruito in tre milioni, molti altri dossier sono andati perduti nelle settimane convulse del changig regime, distrutti dagli ex funzionari. La sede della Stasi invece è stata trasformata in un museo che ripercorre la lugubre storia della polizia politica più invasiva ed efficiente della Storia.