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Alla fine, Guido Saraceni, professore associato in Filosofia all’Università di Teramo, non ce la ha fatta più. Ha impugnato il mouse e la tastiere e su Facebook, dove lo seguono 40mila persone, ha scritto un messaggio molto duro contro chi parla dei governi Renzi e Gentiloni come abusivi. «Avviso agli studenti di Diritto Costituzionale - ha esordito Saraceni - chi tra di voi avesse pubblicato sulla propria bacheca la frase “ un altro Presidente del Consiglio non eletto dal popolo” - o altre aberrazioni equivalenti - è pregato di chiudere per sempre l’account Facebook, onde evitare di cagionare danni a cose o persone, di abbandonare la Facoltà di Giurisprudenza e iscriversi a Scienze delle Piadine al Prosciutto presso l’Università della Vita » . Il messaggio, che ha fatto fioccare i like e che ha suscitato un dibattito molto aspro, smonta un classico esempio di post verità, cioè di una notizia che è evidentemente una bufala - “ il governo italiano deve essere eletto direttamente dal popolo” - ma diventa una verità, propagata dai social.
L’Oxford English Dictionary ha eletto il neologismo post- truth come parola dell’anno. Il riferimento non è solo alle notizie false in sé, ma alla loro capacità di condizionare l’opinione pubblica. Non aveva ancora ricevuto la fiducia della Camera che è accaduto a Paolo Gentiloni: in poche ore è diventata virale una bufala che gli attribuiva una frase sprezzante nei confronti dei suoi connazionali: «Gli italiani imparino a fare sacrifici e smettano di lamentarsi » . Il neo premier non ha mai detto una frase del genere, ma la smentita non è bastata a incrinare la convinzione di molti.
È successo anche negli Usa dove hanno giocato a favore di Donald Trump alcune post verità, come quella che ha descritto Papa Francesco fare un endorsement nei confronti del candidato repubblicano. Notizia falsa ma che si è diffusa in poco tempo, facendo salire le quotazioni del tycoon.
È il concetto stesso di verità che viene per un verso assolutizzato e dall’altro messo in discussione. Assolutizzato perché comunque non si può prescindere dalle verità intese come dogmi, come certezze. In questa visione non c’è spazio per il dubbio, per la ragione, per la scienza. La verità viene recepita come un atto di fede, può prescindere da ogni contro prova. Ma la verità viene anche messa in discussione perché appunto fondata su una evidente menzogna, su una bufala costruita ad hoc.
La filosofia non si è occupata d’altro. Ma piuttosto che la storia del pensiero, con le sue domande e i suoi dubbi, viene in mente quella letteratura capace di immaginare un futuro dove la realtà viene piegata al volere di pochi che costruiscono le loro verità. È il mondo immaginato da George Orwell nel suo romanzo 1984. La Terra, dopo una guerra atomica, si è divisa in tre grandi blocchi. Oceania, che ha sede a Londra, dispone di diversi ministeri, tra cui quello della Verità. I giornali e i libri vengono riscritti sulle base della volontà del Grande Fratello: la Verità è una, una sola.
Oggi il Grande Fratello è un sistema di cui facciamo parte noi stessi. Sono gli stessi utenti dei social che propagano le notizie false spacciandole per vere. Ma guai a provare a contraddirli: niente e nessuno potrà più intaccare quella certezza. La post verità, citata anche da Renzi nel discorso di dimissioni subito dopo la sconfitta referendaria, è spesso qualcosa che ci vogliamo sentir dire. È una frase che corrisponde emotivamente al nostro sentire, al nostro porci nei confronti della realtà. Per questo è ancora più pericolosa: perché costruisce un mondo di illusioni di cui però noi facciamo parte spesso con convinzione. È diventata il sale della politica e della comunicazione.
La post verità va oltre il postmoderno, quel movimento ideologico che teorizzava l’esistenza di più verità e quindi la messa in discussione delle ideologie novecentesche. Qui la verità e unica, ma non è... vera. È ciò che il “ popolo” vuol sentirsi dire ed è la principale alleata del populismo. Un cul de sac dell’informazione e della politica da cui sarà molto difficile venire fuori.
Tant'è che in Germania, in vista delle elezioni, il partito della Merkel sta pensando a una legge che punisca la diffusione di bufale. Ma non basterà una legge a fermare un fenomeno così diffuso.