Poche ore di elettricità e di linea internet sono preziose come il pane e l’acqua, a Gaza. Sono fondamentali per rassicurare gli amici sul proprio stato di salute, per far sapere che si è ancora vivi e per comunicare con il mondo. Ne abbiamo approfittato per ricontattare Raji Sourani. L’avvocato di Gaza, fondatore del Palestinian Center for Human Rights, ha perso la casa nelle scorse settimane, dopo un bombardamento nel quartiere Tal Al Hawa degli F-16 dell’aviazione israeliana (si vedano il Dubbio del 10 e del 21 ottobre).
«Purtroppo – dice Sourani – stiamo assistendo alla legge della giungla. La situazione qui a Gaza è incredibile. Quanto sta accadendo nel Medio Oriente è incredibile con attacchi da più parti e ad alta tecnologia, che prendono di mira civili, senza fare distinzioni tra donne, bambini e intere famiglie. Vengono colpiti gli ospedali, le moschee, le chiese, le ambulanze, le zone residenziali. Intere aree ormai non esistono più. Sono diventate un obiettivo militare anche le scuole dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. Ospitano in questi giorni migliaia di persone che sono state costrette ad abbandonare le loro case. I cieli sono attraversati di continuo dagli F-16, dagli F-35 e dagli elicotteri Apache. Ci sono tutti gli elementi per considerare quanto sta accadendo dei crimini di guerra trasmessi in tempo reale nel silenzio di tante istituzioni».
Dalle parole di Sourani emergono tristezza e al tempo stesso delusione per l’approccio della comunità internazionale. Secondo l’avvocato di Gaza, con l’applicazione della “legge della giungla”, causa di morte e distruzione nel Medio Oriente in guerra, le violazioni delle Convenzioni di Ginevra e dello Statuto di Roma sono diventate ormai la regola. «È chiaro – aggiunge – il modo di agire degli Stati Uniti e dei principali Paesi europei, come Regno Unito, Francia e Germania. Non ho mai vissuto un’esperienza del genere. Le case tremano ogni volta che cade una bomba. Pensi sempre che la prossima abitazione a crollare per un missile sarà la tua. Ho sperimentato di persona cosa significhi non dormire per quattro-cinque giorni di seguito. Quando cammino per le strade di Gaza, non credo ai miei occhi. Il livello di distruzione è indescrivibile. Bombardano le panetterie quando la gente aspetta ore e ore per procurarsi un pezzo di pane. Stanno bombardando i pochi ristoranti in cui si preparano pasti per i soccorritori, stremati da giornate durissime per salvare le vite umane».
Dopo lo spavento di due settimane fa, Sourani cerca di farsi forza e di trasferirla ai familiari: «Ripartire non è affatto semplice. Vivere in queste condizioni è problematico, per non dire impossibile. Trovare un forno aperto è un’impresa. Mancano l’elettricità, l’acqua pulita e gli ospedali non riescono a curare più nessuno. Nessuno dorme a Gaza, considerato che ogni minuto cade una bomba. Nessun posto è più sicuro. La cosa paradossale è che i corridoi per spostarsi a Sud della Striscia, come suggerito dall’esercito israeliano, non possono offrire garanzie per un passaggio senza rischi. Si può rimanere uccisi sotto i bombardamenti da un momento all’altro».
Sourani non si fa illusioni e spesso guarda al futuro come un guidatore in una galleria buia, a bordo di una macchina senza fari. Il richiamo ad alcune pagine della storia, a questo punto, diventa inevitabile. «Sappiamo – commenta - che il peggio deve ancora venire. Gli israeliani sono determinati a creare una nuova Nakba, costringendo oltre due milioni di palestinesi a spostarsi da Gaza in Egitto. E se accade questo qui, replicare la stessa cosa in Cisgiordania e a Gerusalemme sarà facilissimo. La paura e il terrore si stanno impadronendo della mente e del cuore delle persone. Conseguenza inevitabile, dato che vengono distrutte le nostre case e si sta appendendo la vita di tutti noi ad un filo. Nessuno osa più parlare del trentennale degli accordi di Oslo, che dovevano sancire, tra le altre cose, la fine dell'occupazione e dell’apartheid, la creazione di due Stati. I palestinesi hanno diritto alla giustizia, alla dignità e alla libertà. Chiamiamo le cose con il loro nome. Questo è un genocidio. La maggior parte delle vittime sono bambini e donne, quasi il 70% dei 10mila morti e dei 20mila feriti che si contano fino ad oggi».
Prima di concludere la nostra conversazione, Raji Sourani promette che continuerà a battersi per il rispetto dei diritti umani nella Striscia di Gaza. Una missione, ma prima ancora una vocazione. «Non ci arrendiamo – commenta – e continueremo ad aggrapparci alla vita con tutte le nostre forze. Conserveremo il nostro ottimismo, come i rivoluzionari più romantici. Siamo moralmente forti e la nostra forza la attingiamo dalla consapevolezza di poter utilizzare gli strumenti della legge. Siamo molto più forti con il sostegno delle persone libere e impegnate, che condividono con noi i valori dello Stato di diritto, della dignità umana e della libertà». Parole chiare di un uomo e di un avvocato nella Gaza sotto assedio, maciullata dal fanatismo di Hamas. «Farò del mio meglio – conclude Raji, prima di farsi di nuovo inghiottire dalle interruzioni telefoniche – per continuare a darti mie notizie».