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Il giorno dopo l’interrogatorio dinanzi al gip di Pietro Genovese, accusato di duplice omicidio stradale per aver travolto e ucciso con la sua auto Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli, la procura di Roma ha deciso di incaricare alcuni specialisti per una maxiconsulenza tecnica al fine di determinare l’esatta dinamica dell’incidente.
Ieri, a piazzale Clodio, si è svolto infatti un vertice tra gli inquirenti - il procuratore aggiunto Nunzia D'Elia e il pm Roberto Felici - per procedere alla nomina di consulenti, a cui verrà affidato un mandato di sessanta giorni per completare le verifiche: accertare la velocità a cui procedeva il suv di Pietro Genovese e stabilire il punto preciso dell'impatto con le due ragazze in modo da poter chiarire se le due adolescenti fossero sulle strisce pedonali. In questo ambito i pm vogliono chiarire anche il funzionamento dei semafori così come sollecitato nei giorni scorsi dal legale della famiglia Romagnoli, Cesare Piraino.
Purtroppo gli investigatori hanno preso atto che in zona non ci sono telecamere che hanno ripreso la scena del tremendo impatto. Due giorni fa Pietro Genovese, assistito dai suoi legali Coppi e Tognozzi, aveva dichiarato: «Sono ripartito con il verde, al semaforo che si trova all’altezza dello svincolo del Foro Italico. Questo lo ricordo. Ma le ragazze non le ho proprio viste, ho sentito una botta sul cofano, dopo l’impatto non riuscivo a fermarmi. Non so esattamente a quanto andassi, ma non credo di avere superato i 50 chilometri orari».
La decisione della Procura arriva a pochi giorni dalla nomina di periti da parte delle famiglie coinvolte, già al lavoro per fugare i medesimi dubbi. Come facilmente intuibile, tutto si giocherà sulle relazioni tecniche ma anche sulle testimonianze dei testimoni. Su quest’ultimo fronte è stato rimandato alla prossima settimana il colloquio con l’amico di Pietro Genovese che gli sedeva accanto quella notte nel suv. In calendario anche l'audizione dell'automobilista che era a bordo di una Smart e che riuscì ad evitare le due 16enni mentre attraversavano la strada. In tale contesto gli avvocati delle parti preferiscono non sbottonarsi, non avendo ancora piena conoscenza di tutti gli atti in mano agli inquirenti.
L’obiettivo è anche evitare una sovraesposizione mediatica che potrebbe alimentare tensioni tra le famiglie. Di qualche giorno fa una lettera del papà di Pietro, il regista Paolo Genovese, ai genitori della vittime, fatta recapitare tramite i legali.