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Una vera batosta per Emmanuel Macron e per le sue ambizioni di cambiare il sistema previdenziale francese. Jean- Paul Delevoye, commissario speciale alle pensioni e padre della contestatissima riforma si è dimesso ieri all’ora di pranzo per i suoi conflitti di interesse.
Dimissioni inevitabili e irrevocabili; la pressione mediatica e politica degli ultimi giorni era diventata insostenibile per l’economista ex amico di Jacques Chirac e reclutato da Macron per scrivere la grande riforma che allunga i limiti di età per andare in pensione all’interno un piano previdenziale unificato ( oggi sono oltre 40).
Delevoye svolgeva infatti ben 13 incarichi nel settore privato di cui alcuni compensati profumatamente. In uno di questi, come presidente di Parallaxe un think- tank sull’istruzione, è stato pagato quasi 5.400 euro al mese in aggiunta al suo stipendio ministeriale. Attività che non aveva mai menzionato nella sua dichiarazione all’Autority sulla trasparenza nella vita pubblica ( HATVP) e che in molti casi ha continuato a svolgere anche dopo la nomina da parte dell’Eliseo.
Un comportamento inopportuno e soprattutto stigmatizzato dall’articolo 23 della Costituzione francese ( riformato nel 2013) che vieta di accumulare mandati pubblici e privati. Tra le società per cui lavora c’è anche una compagnia di assicurazioni che peraltro, tra i suoi vari rami, si occupa anche di fondi pensionistici.
Il 72enne Delevoye ha fatto sapere che rimborserà le cifre incassate ( oltre 120mila euro) da settembre 2017 e ha comunicato la sua decisione al presidente tramite lettera manoscritta: «Decidendo di lasciare il suo incarico pur di non nuocere alla riforma, applica il principio di responsabilità. Questo ritiro gli consentirà di rispondere agli interrogativi e di chiarire la situazione. Quanto a noi, continuiamo a considerare le sue dimenticanze fatte in buona fede e ci rammarichiamo della sua decisione» si legge in una nota dell’Eliseo.
Macron, è molto dispiaciuto delle dimissioni di questo abilissimo negoziatore che anche gli avversari hanno sempre rispettato per la pazienza e la capacità di mediazione, ma adesso dovrà farsene una ragione e al più presto trovare un sostituto. Un compito tutt’altro che facile.
Un nome circola attualmente, quello di Laurent Pietraszewski, deputato LaREM ( il partito del presidente) e attuale membro della Commissione Affari sociali all’Assemblée Nationale, profondo conoscitore del sistema pensionistico. Se l’ipotesi di un esterno resta attualmente la più plausibile, ci sono comunque tre nomi che circolano di esponenti interni al governo: Agnès Buzyn, ministro della Sanità, Gérald Darmanin, ministro dei Conti Pubblici e Jean- Baptiste Djebbari, sottosegretario ai Trasporti.
Intanto lo sciopero dei sindacati continua a paralizzare il Paese. Il capo dell’Eliseo però non molla di un centimetro e sembra pronto al braccio di ferro con l’opposizione, dai sindacati allasinistra radicale di Jean Luc Mélenchon, fino alla destra nazionalista di Marine Le Pen.
Ieri Macron ha espresso la sua «solidarietà» con i milioni di cittadini colpiti dagli scioperi che hanno causato disagi sulle reti di trasporto nazionale, ma finora non ha mostrato alcun segno di dialogo con chi lo contesta, accettando la sfida della piazza.
Per oggi sono previste nuove manifestazioni, con diverse università tra cui la Sorbona di Parigi che hanno dichiarato di aver annullato o rinviato gli esami di fine anno perchè gli studenti non sarebbero stati in grado di presentarsi. La giornata di blocchi stradali da parte di camionisti, che chiedono una retribuzione più elevata, si è aggiunta agli ingorghi che hanno totalizzato quasi 630 chilometri a Parigi e nei suoi sobborghi durante l’ora di punta del mattino, quasi il doppio dell’ordinario.
La maggior parte delle linee della metropolitana nella capitale è rimasta chiusa o ha subito disagi mentre hanno operato pochissimi treni e in tutta la Francia era in funzione uno su tre treni del Tgv.