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Roberto Formigoni non ha diritto, almeno per il momento, a scontare ai domiciliari la condanna definitiva a 5 anni e dieci mesi per corruzione che gli è stata inflitta per il caso Maugeri. I giudici della Corte d’Appello di Milano hanno rigettato l’istanza di sospensione dell’ordine di carcerazione presentata dai suoi difensori e discussa nell’udienza di mercoledì scorso nell’ambito di quello che tecnicamente viene definito incidente di esecuzione.Se fosse stata accolta l’istanza, Formigoni avrebbe potuto chiedere al Tribunale della Sorveglianza di espiare la pena a casa sua e non nel carcere di Bollate. Per i magistrati, presieduti da Renato Brichetti, «l’ordine di carcerazione è stato legittimamente eseguito». Non li ha convinti l’argomento della difesa che non si può applicare retroattivamente la legge “spazza- corrotti” a chi ha commesso reati prima dell’entrata in vigore della legge. La norma ha equiparato i reati contro la pubblica amministrazione, come quello di corruzione, ai reati tipici della criminalità organizzata, precludendo così l’accesso ai benefici penitenziari. La richiesta della difesa «si risolve, in definitiva, in una critica al legislatore stesso che ha voluto stabilire una soglia sanzionatoria ( 4 anni di carcere, ndr) oltre la quale la sospensione dell’esecuzione non è concedibile». Anche la questione di legittimità costituzionale sulla “spazza - corrotti”, sollevata dalla difesa, è «priva di rilevanza» tenendo presente la giurisprudenza costante della Cassazione che identifica le norme sulle modalità di esecuzione della pena come processuali e non sostanziali, e quindi applicabili in modo retroattivo. La Corte concede però uno spiraglio a Formigoni, sottolineando che tutti questi temi potranno essere portati davanti al Tribunale di Sorveglianza qualora sia avanzata la richiesta di concessione della detenzione domiciliare.