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È finito dopo tre mesi il “confino” del presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio. Mercoledì sera, la Cassazione ha annullato senza rinvio l’obbligo di dimora imposto a dicembre scorso dal gip di Catanzaro Pietro Carè, che aveva firmato un’ordinanza di custodia cautelare per 16 indagati. A Oliverio la Dda ha mosso le accuse di abuso d’ufficio e di corruzione, ipotesi di reato, quest’ultima, contestata soltanto in un secondo momento, ovvero dopo la decisione del Riesame di confermare la misura cautelare.
«È evidente che la Corte ha distrutto l’intero castello accusatorio, non solo nella parte relativa alla misura coercitiva imposta, ma anche in riferimento al merito della imputazione», commentano i legali del governatore, Armando Veneto ed Enzo Belvedere. «Siamo dovuti giungere sino alla Corte di Cassazione per far stabilire che l’ordinanza a suo tempo emessa nei confronti del presidente Oliverio fosse da annullare perché mancante del requisito della gravità indiziaria del reato contestato - aggiunge al Dubbio Belvedere - Siamo soddisfatti che il nostro sistema giudiziario sappia riconoscere gli errori e li stigmatizzi pure».
Al centro dell’indagine “Lande desolate” c’è l’imprenditore Giorgio Ottavio Barbieri, considerato braccio imprenditoriale del clan Muto di Cetraro. Secondo la Dda, Oliverio, pur consapevole dello stallo dei lavori per la realizzazione dell’impianto sciistico di Lorica - opera da 16,5 milioni - e «della incapacità tecnica e finanziaria del gruppo Barbieri» di rispettare l’obbligo di co- finanziare i lavori, avrebbe comunque disposto la liquidazione dell’intera cifra, «accollando, per intero, alla Regione Calabria il costo dei lavori» e adoperandosi «per lo stanziamento di ulteriori finanziamenti da destinare al gruppo Barbieri per i lavori in corso a Lorica». Barbieri avrebbe così omesso il versamento della quota a suo carico, con l’aggravante di aver agevolato la cosca Muto, alla quale avrebbe versato «circa 100mila euro l’anno», confluenti alla bacinella del clan. Ma non solo: l’imprenditore e il direttore dei lavori Francesco Tucci avrebbero recepito come «ordine tassativo» la richiesta di attivarsi fattivamente per rallentare i lavori pubblici di Piazza Bilotti a Cosenza, per pregiudicare così sul piano politico- elettorale l’allora sindaco uscente di Cosenza Mario Occhiuto. Che, però, avrebbe chiesto lo stesso “favore” a Tucci, per evitare che l’opera fosse inaugurata dal commissario prefettizio e per poter spendere i lavori come medaglia per la sua rielezione. Proprio il rallentamento dei lavori su Piazza Bilotti avrebbe determinato l’accusa di corruzione, in quanto il governatore avrebbe agito «per un mero tornaconto politico».
Nonostante la misura, a Oliverio, a fine gennaio, era stata concessa l’autorizzazione a partecipare ai lavori del Consiglio regionale, pur essendo costretto, al termine delle assemblee, a fare rientro a San Giovanni in Fiore, luogo di residenza. Ora il governatore, che prima dell’indagine aveva dichiarato la volontà di ricandidarsi alla guida della Regione, è di nuovo un uomo libero. «È stato un inverno lungo e freddo quello che ci lasciamo alle spalle - commenta in un messaggio affidato a Facebook - Un inverno per me particolare che lascia un segno indelebile nella mia esistenza e nella storia della Calabria. Finalmente è arrivata la Primavera a ridare giustizia a me e alla terra che ho la responsabilità e l’onore di guidare». Oliverio dice ora di tornare a credere nella giustizia, dopo «tre mesi bui in cui il dubbio dello smarrimento della giustizia è stato costantemente in agguato». Così come «l’angoscia alimentata dal dubbio che i calabresi possano essersi sentiti traditi e ingannati da colui nel quale hanno riposto la loro fiducia». E rivolgendosi a loro ribadisce di aver sempre agito con «lealtà, onestà» e all’affer-mazione della legalità - conclude - valori in cui ho creduto e continuo a credere e per i quali ho speso la mia intera esistenza».