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Ortodosso ma eretico, apocalittico ma integrato, intransigente ma dialogante. Non è facile catalogare Roberto Fico, è un grillino anomalo. Osannato dai militanti della prima ora e spesso osteggiato dai vertici pentastellati, il presidente della Vigilanza Rai si è creato una fama da “puro”. Forse per la barba poco istituzionale, o forse per la sua allergia alle gerarchie, Fico è considerato ciò che rimane dell’ala sinistra del Movimento dopo la svolta “dimaiana”, il custode della democrazia dal basso degli albori.
Onerevole, continuate a ripetere che chiederete a Mattarella di affidarvi l’incarico in caso di vittoria. Ma perché il presidente della Repubblica dovrebbe concedere un mandato esplorativo a una forza dichiaratamente allergica alle alleanze?
Noi presenteremo un programma preciso. Ci stiamo lavorando da tempo, costantemente e con il contributo di esperti e il supporto di tanti cittadini. Se dovessimo risultare la prima forza politica, metteremo, come abbiamo sempre fatto, in primo piano i temi che interessano al nostro Paese, non di certo scambi di poltrone. E sulla base di programmi e contenuti, vedremo come risponderanno le altre forze politiche. Il nostro è un progetto per il Paese, è questo quello che abbiamo a cuore.
Pierluigi Bersani sembra l’unico a credere che col Movimento 5 Stelle sia possibile intavolare una discussione dopo il voto...
Ribadisco, noi non faremo alleanze. Detto questo proporremo il nostro programma a chiunque sia disponibile a discutere su temi che interessano tutti i cittadini. Parleremo di reddito di cittadinanza, di innovazione e di sostegno alle imprese. Lo faremo con tutti. D’altronde lo abbiamo dimostrato anche in questi anni di opposizione in Parlamento, in cui abbiamo contribuito con altre forze politiche all’approvazione di leggi come quella sugli ecoreati. Un lavoro di responsabilità che non si può non riconoscere.
Non è possibile un’intesa con Liberi e Uguali anche solo su alcuni punti specifici?
Il MoVimento 5 Stelle non fa alleanze elettorali. Non siamo un partito, ma un movimento di cittadini. Lo ripeto: all’indomani del voto, presenteremo al Parlamento il nostro programma per l’Italia e discuteremo nel merito.
E il fatto che il leader del nuovo soggetto si chiami Piero Grasso, eletto presidente del Senato anche grazie ai voti di alcuni parlamentari 5 Stelle, non cambia nulla sulle alleanze?
Assolutamente no.
Ad agosto, quando infuriava la polemica sui migranti a Roma lei condannò uno Stato che «sgombera donne, bambini e disabili» mentre Luigi Di Maio si schierava immediatamente dalla parte delle forze dell’ordine. È solo uno dei momenti in cui si sono palesate divergenze. Perché non ha provato a far prevalere la sua linea sfidando il vice presidente della Camera alle primarie?
Si continua a parlare del Mo-Vimento 5 Stelle come di un partito, con i capicorrente che si sfidano per portare avanti una o l’altra fazione. Ma non è assolutamente questa la que- stione, e non è questo il M5S. Mi rendo conto che sia complesso inquadrarlo in un panorama politico come quello italiano in cui si è imposto come una novità assoluta, ma noi siamo altro e quelle logiche partitiche non ci appartengono. Possono esserci approcci diversi come è normale e giusto che sia in un gruppo, come il confronto anche tra punti di vista differenti. Non si ragiona in termini di sfida, ma di quale contributo ogni persona può dare al progetto complessivo del M5S. Questa è la ricchezza e il punto di forza del nostro Movimento.
Ritornando agli sgomberi, il diritto alla casa viene prima del diritto di proprietà?
I diritti non sono mai in contraddizione. Esiste un diritto ad avere un tetto sopra la testa, che uno Stato deve garantire a tutti, in primis alle persone indigenti. E poi c’è l’inalienabile diritto alla proprietà. Bisogna assicurare il diritto alla casa nel rispetto della legalità, senza dubbio.
Parliamo del vostro programma sull’immigrazione: corridoi umanitari o zero sbarchi grazie ad accordi bilaterali modello Minniti?
Il tema dell’immigrazione è serio e complesso e va affrontato con politiche lungimiranti e senz’altro in un’ottica europea. È impensabile che l’Italia da sola se ne faccia carico. Il MoVimento 5 Stelle in questi anni ha fatto delle proposte precise, passate anche al vaglio del Parlamento. Mi riferisco per esempio alla mozione firmata da Manlio Di Stefano per il superamento del regolamento di Dublino approvata alla Camera dei Deputati. È dunque una questione che va affrontata da un’Europa che rifletta, progetti e agisca come una vera comunità, consapevole del ruolo che ha. Quanto agli accordi modello Minniti, ci sono troppe inquietanti oscurità. Autorevoli agenzie internazionali riferiscono di accordi del governo con le milizie di Sabrata per non far imbarcare più i migranti, le stesse milizie che si arricchiscono con i centri di detenzione in cui sono violati i diritti umani, come ci è stato raccontato in modo sconvolgente in alcuni reportage e dalla presidente di Medici senza frontiere. Mi sembra che le risposte del governo italiano su questo punto, e quindi sul senso stesso della politica perseguita per fermare gli sbarchi, siano state carenti, per usare un eufemismo. Quindi ho presentato un’interrogazione a Minniti: occorre la massima chiarezza e onestà su quanto sta avvenendo in Libia per non essere complici di torture e stupri.
Crede che le Ong favoriscano l’immigrazione clandestina di comune accordo con gli scafisti?
Assolutamente no. Credo che le Ong abbiano svolto e svolgano un lavoro prezioso in prima linea su diversi fronti. Questo nessuno lo ha mai messo in discussione. Ci sono delle inchieste della magistratura e aspettiamo venga fatta chiarezza, come per ogni inchiesta nel nostro Paese.
Programma sul lavoro: contratto a tutele crescenti o reintroduzione immediata dell’articolo 18?
Siamo per la reintroduzione dell’articolo 18 senza se e senza ma. Lo abbiamo detto dall’inizio.
Come la Cgil. Eppure, qualcuno tra voi un giorno disse: «Eliminiamo i sindacati, voglio uno Stato con le palle... ». Vi iscrivete tra coloro che ritengono la contrattazione un inutile intralcio?
Negli ultimi anni i sindacati hanno fatto troppo spesso politica invece di pensare alla tutela dei lavoratori, come se il loro obiettivo primario fosse cambiato. E non lo diciamo noi, ma i tanti lavoratori che si sono sentiti traditi dai sindacati. E solo i lavoratori possono cambiare il sindacato dall’interno se lo vorranno. Per quanto riguarda la contrattazione collettiva, non abbiamo mai detto di essere contrari.
Sul fisco, il capo politico del Movimento 5 Stelle propone meno tasse sulle imprese e più deficit, «uno shock alla Trump». È questo il vostro programma?
Non consideriamo Trump. Siamo in Italia e dobbiamo sostenere il tessuto produttivo italiano, fatto soprattutto di piccole e medie imprese, è fondamentale. Lo abbiamo fatto anche in questi anni dimezzandoci gli stipendi per contribuire al Fondo per il microcredito. Meno tasse, come meno burocrazia, serve per liberare le energie del Paese e rafforzare il tessuto delle tante realtà imprenditoriali, artigiane, produttive italiane. Inoltre il nostro Paese ha bisogno di spazi finanziari per rilanciare gli investimenti produttivi. Dobbiamo capire che siamo di fronte a una crisi di domanda e dentro la domanda aggregata la voce che manca di più è quella degli investimenti pubblici. Bisogna dare spazio al ' deficit buono' che ha impatti sulla crescita e finisce per ridurre il debito.
Lei è il capo della Vigilanza Rai e ha ingaggiato uno scontro col conduttore di Porta a Porta. Nessun politico dovrebbe farsi intervistare da Vespa in campagna elettorale in quanto artista?
Il tema è che in Rai c’è un tetto agli stipendi per i dipendenti e i dirigenti. Tetto a cui sono sottoposti anche i vertici e ovviamente i giornalisti, come i direttori delle testate. Ma ci troviamo di fronte alla situazione paradossale per cui chi sarebbe giornalista come Bruno Vespa firma contratti di tipo artistico per aggirare quel tetto. Per questo ho proposto che chi si è fatto contrattualizzare come artista per bypassare il limite dei 240 mila euro, non può essere ricondotto sotto la responsabilità di una testata giornalistica durante il periodo di par condicio e quindi ospitare politici e dibattiti in campagna elettorale.
Michele Anzaldi del Pd ha chiesto l’intervento dell’Agcom per la presenza di Grasso a “Che tempo che fa”. Ha ragione?
Nel monitoraggio della par condicio fuori dai periodi elettorali, politiche, l’Agcom ovviamente fa una distinzione tra interventi istituzionali e interventi politici. Nel caso di ' Che tempo che fa' è chiaro che la presenza di Grasso verrà considerata come tempo di parola del nuovo soggetto politico che lo ha individuato come leader. Non c’è nulla di anomalo.
Prima di conoscere Grillo ha votato per Bassolino e Rifondazione comunista. Quanto è rimasto di quel Roberto Fico nel Movimento 5 Stelle?
Prima del MoVimento 5 Stelle abbiamo tutti votato altro. Non è un mistero che il movimento abbia riunito persone con percorsi e storie diverse, accomunate da una forte volontà di cambiamento. Un cambiamento che nel nostro Paese non era più procrastinabile. È un movimento postideologico, infatti. Per quanto mi riguarda, le battaglie in cui credevo allora, in difesa dei beni comuni, per la tutela dell’ambiente per esempio, sono le stesse in cui credo adesso e per le quali ho lavorato insieme a migliaia di cittadini che formano la comunità del Movimento, che infatti crede nella sanità pubblica, nell’acqua pubblica e nella scuola pubblica.
Secondo alcuni retroscena giornalistici lei sarebbe tentato di seguire le orme di Alessandro Di Battista. Davvero potrebbe decidere di non ricandidarsi?
Vedremo a gennaio.
Se fosse costretto a una scelta chi voterebbe tra Renzi e Berlusconi?
Non succederà, fortunatamente.