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«Mi accusano di reati inesistenti ma non riscriverei la frase. È un passaggio stilistico, può non piacere e infatti non è piaciuto a molti, e la mia sconfitta professionale e il mio dispiacere derivano proprio da questo: ne hanno fatto un caso, questo senza aver letto tipicamente il resto dell'articolo da cui il passaggio è estrapolato. Vale per chiunque sia intervenuto su questa polemica e abbia addirittura ritenuto di investirne la Rai, colpevole di avermi proposto dal settembre prossimo una collaborazione per ora neppure formalizzata». Lo scrive Filippo Facci in un suo intervento sul quotidiano 'Libero' dopo la polemica nata da un suo precedente articolo sul caso del figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa, accusato di violenza sessuale su una ragazza.
«Una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa' sono le parole di cui si è fatto un caso - prosegue Facci - e quattro reati sanzionati dal Codice di procedura Penale, ossia: 1) Razzismo; 2) Sessismo; 3) Apologia del fascismo; 4) «Vittimizzazione secondaria» di una presunta stuprata, deriverebbero tutti dal passaggio di un mio articolo pubblicato sabato su Libero».
«La mia sconfitta professionale consiste tipicamente nell'illudersi che i più ti leggano per intero prima di esprimersi, che magari conoscano i tuoi trascorsi, addirittura i tuoi libri, che abbiano cognizione di causa prima di attribuirti odiosi reati: - prosegue ancora Facci - l'illusione, insomma, che non ti trasformeranno in carne da cannone per alimentare le polemiche politiche di cui ti ritrovi a essere lo strumento del giorno, da trascurabile vittima secondaria. Riscriverei quella frase? No, perché conta un fatto solo: che la frase non ha portato niente di buono, ho fornito ingenuamente un pretesto a chi non cercava altro, e più in generale ho fatto malintendere un intero articolo. La professionalità innanzitutto, l'orgoglio personale poi».