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Ex soldato assolto.L’ultima legge sulla legittima difesa ha reso più stringenti le “tutele” nei confronti dell’aggredito. Ma lo ha fatto solo per la cosiddetta difesa domiciliare.
Quando cioè si reagisce a un’intrusione e al conseguente pericolo all’interno della propria dimora o luogo di lavoro.
Tutti i restanti casi di legittima difesa restano regolati, in realtà, dalle norme del Codice Rocco. I
mperfette, come tutte le altre, e comunque mai abbastanza puntuali da potersi sostituire al lavoro di ricostruzione dei fatti.
Che spetta solo al giudice. A riprova che nessun codice potrà mai bastare a spazzar via i casi di malagiustizia arriva la vicenda incredibile di Antimo D’Agostino.
Un 39enne di un piccolo comune del Casertano, Sant’Angelo in Formis, assolto a 10 anni di distanza dai fatti contestati e, soprattutto, dopo averne trascorsi la metà in carcere.
L’ex militare, all’epoca in servizio nelle forze speciali dell’Esercito, era stato condannato per l’omicidio di Malay Xhervair, 27enne di origine albanese.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere gli aveva inflitto una condanna a 24 anni, appena attenuata dalla Corte d’appello, che era scesa a 20.
Entrambe le sentenze avevano escluso, appunto, che D’Agostino avesse colpito Xhervair per legittima difesa.
Non avevano creduto alle sue parole: l’ex soldato aveva sempre sostenuto di essersi fermato, insieme con il coimputato Michele Marchi, a difendere una prostituta e di essere stato per questo aggredito da una decina di persone.
Aveva spiegato che nella convulsa colluttazione si era visto costretto a impugnare il coltello, e che il fendente mortale fu conseguenza di una scelta inevitabile.
Gli ha creduto solo la Cassazione, che nel 2014 ha annullato con rinvio il primo verdetto della Corte d’appello di Napoli e scarcerato D’Agostino, rimasto fino ad allora in galera per tutti e 5 gli anni trascorsi dalla tragedia.
Ha avuto definitivamente giustizia solo ieri mattina, quando la terza sezione della Corte d’assise d’Appello di Napoli, presidente Vincenzo Martursi, ha riconosciuto che «l’imputato ha agito per legittima difesa», come sempre sostenuto dal suo difensore Mario Iodice.
Non basta una legge, per quanto garantista, finché non arriva il giudice in grado di applicarla.