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«Era l’occasione giusta per fare di più, ma la riforma del Csm fa comunque dei passi in avanti contro le degenerazioni del correntismo. Chi pensa che la soluzione fosse la legge elettorale non ha capito il problema». A dirlo al Dubbio è il vicesegretario di Azione Enrico Costa, tra i protagonisti della riforma dell’ordinamento giudiziario, oggi alla Camera per il voto finale. E sebbene alcuni importanti temi non siano stati affrontati a dovere, la riforma, secondo il deputato, segna comunque un punto di svolta. Da qui la protesta delle toghe, che, a suo dire, «temono di perdere potere e pensano già alle elezioni per il rinnovo del Csm».
Onorevole, per diverse forze politiche la riforma del Csm è blanda. Si poteva fare di più?
Penso che questa riforma comunque faccia dei passi avanti oggettivi, come lo stop alle porte girevoli, il fascicolo per la valutazione del magistrato, lo stop delle nomine a pacchetto, i profili relativi alle sanzioni disciplinari e il limite al passaggio di funzioni. È il massimo che si è potuto realizzare. E mi dispiace che ci siano delle forze politiche che si sono sfilate, in modo anche un po’ ondivago. A leggere certi emendamenti non si capisce bene quale fosse il fine specifico, l’identità che avrebbero voluto dare a questa riforma. Sono sempre stato molto severo nei giudizi: da ministro in carica ho votato contro la riforma della prescrizione di Orlando e non ho mai fatto mancare le mie critiche quando ci dovevano essere. Però è una buona notizia che forze politiche come Forza Italia e M5S abbiano trovato una convergenza. Certo, i passi avanti avrebbero potuto essere più lunghi, più forti, più decisi, però chi dice che non cambierà nulla perché non c’è una legge elettorale idonea vuol dire che non ha colto il problema: di certo non è questo che risolve il problema del correntismo.
Su cosa si poteva fare di più?
Sui fuori ruolo, ad esempio, tema sul quale c’è stato un incomprensibile stop. C’è stata una difesa conservativa da parte dei fuori ruolo in rivolta, che hanno trascinato il governo sulle loro posizioni. Ma non è ragionevole che un magistrato che lavora per il governo accumuli stipendio e indennità: così si scatena la corsa per finire a Palazzo Chigi. Avremmo potuto fare di più rispetto al tema della responsabilità civile e a quello della responsabilità disciplinare: ogni anno il 90% delle segnalazioni al procuratore generale viene archiviato de plano senza un vaglio da parte di nessuno. È una stortura che secondo me va affrontata e sarebbe utile che ci fosse il vaglio di un soggetto diverso e anche un’ostensibilità della decisione, come ho chiesto con un ordine del giorno. Insomma, si sarebbe potuto fare molto di più, però molto è stato fatto.
E basta a risolvere le degenerazioni del correntismo?
Il modo migliore per scongiurarle è fare in modo che ci siano dei criteri oggettivi per distinguere chi è bravo da chi è meno bravo, perché oggi tutti sono sullo stesso piano. E così spesso i più bravi vengono scavalcati da quelli che semplicemente sono organici alle correnti. La legge ci dice che il magistrato va valutato per i suoi risultati, alla luce dell’esito dei suoi provvedimenti e dell’attività cautelare nei successivi gradi e fasi del procedimento. Il fascicolo del magistrato non è altro che uno strumento per attuare questa legge, strumento che prima non c’era. Ed è chiaro che le correnti sguazzavano in questa indeterminatezza: la valutazione era solo teorica e ciò ha comportato promozioni automatiche nel 90% dei casi.
I magistrati sono sul piede di guerra.
È chiaro che oggi loro temono di perdere potere, perché se ci sono delle analisi oggettive e dei giudizi che si basano su bravura e capacità, le correnti faranno fatica a far passare i più organici.
Nel 2004, il Presidente Ciampi, nel suo messaggio alle Camere sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, criticò l’istituzione dell' ufficio per il monitoraggio dell'esito dei procedimenti, parlando di un rischio di condizionamento dei magistrati e di violazioni costituzionali. Stesse obiezioni che oggi vengono mosse al fascicolo delle performance. Come risponde?
Qui il punto è premiare chi è più bravo. Le correnti vogliono mantenere questo appiattimento professionale, in modo da poter decidere chi è meritevole di andare avanti e chi non lo è. Di illegittimo non c’è proprio niente e sarà importante il lavoro del ministero per rendere concreto questo fascicolo. Non credo a chi dice che le mani tremeranno quando ci sarà da produrre innovazioni dal punto di vista giurisprudenziale: il magistrato che è sicuro di lavorare bene non avrà dubbi. Non ci sarà nessun condizionamento, c’è attualmente, perché per andare avanti bisogna essere succubi delle correnti.
Sabato ci sarà l’assemblea dei soci dell’Anm ed è probabile che si possa uscire da lì con la proclamazione di uno sciopero.
Ritengo che la protesta non sia tanto dei magistrati, quanto delle correnti. Ci sono stati alcuni gruppi - chi con toni più forti, chi con toni più ragionevoli - che hanno criticato molto questa riforma. Penso dipenda dal fatto che si avvicinano le elezioni del Csm e nessuno vuole fare un passo indietro. Spero ci sia responsabilità e che non si arrivi, per cose che sono di assoluto buon senso da un punto di vista normativo, a rendere la vita difficile ai cittadini. Sono convinto che non ci sarebbe una grande adesione: in piazza scenderebbero quelli più correntizzati, ma penso che la maggioranza dei magistrati questa riforma la apprezzi o comunque non la ritenga penalizzante.