Per ora è soltanto un’anticipazione, ma si presenta già come una rivoluzione in campo scientifico: si tratta della creazione di embrioni umani sintetici a partire da cellule staminali, senza la necessità di impiegare ovuli e spermatozoi. Un modello che replica le primissime fasi dello sviluppo umano e che potrebbe aprire un nuovo capitolo nello studio delle malattie genetiche e delle cause biologiche degli aborti ricorrenti. Ad annunciarlo in esclusiva è il Guardian, che riporta i primi dettagli forniti dalla scienziata Magdalena Zernicka-Goetz dell’Università di Cambridge e del California Institute of Technology in occasione del meeting annuale dell’International Society for Stem Cell Research che si è tenuto mercoledì a Boston.

«Possiamo creare modelli simili a embrioni umani riprogrammando le cellule (staminali embrionali)», ha annunciato la scienziata. Che ha descritto la coltivazione degli embrioni ad uno studio appena superiore all’equivalente di 14 giorni di sviluppo per un embrione naturale. I dettagli completi della ricerca condotta dal laboratorio di Cambridge-Caltech devono ancora essere pubblicati. Ma già sorgono i primi interrogativi di natura etica e normativa.

Gli embrioni sviluppati non hanno un cuore pulsante o un cervello, ma includono cellule che normalmente andrebbero a formare la placenta, il sacco vitellino e l’embrione stesso. Al momento non c’è alcuna possibilità perché siano utilizzati clinicamente nel breve termine: sarebbe illegale impiantarli nell’utero di un paziente e non è ancora chiaro se queste strutture possano continuare a maturare oltre le prime fasi di sviluppo. «L'idea è che se si modella davvero il normale sviluppo embrionale umano utilizzando le cellule staminali, è possibile ottenere un'enorme quantità di informazioni su come inizia lo sviluppo, cosa può andare storto, senza dover utilizzare embrioni precoci per la ricerca», spiega Robin Lovell-Badge, responsabile dell’unità “Stem cell biology and developmental genetics” al Francis Crick Institute di Londra.

A chi si chiede se queste strutture abbiano il potenziale per diventare una creatura vivente, risponde il genetista italiano Giuseppe Novelli, per il quale «siamo ancora molto lontani dal pensare che con questo metodo nasceranno bambini». «Questo esperimento potrà fornire, delle prime informazioni sulle fasi iniziali dello sviluppo, che ancora non abbiamo, su come si sviluppa un embrione, informazioni biologiche, biochimiche e molecolari», spiega Novelli. «Come sempre accade nella ricerca scientifica - avverte l’esperto - quando si presentano o si annunciano dei risultati ad un convegno si deve attendere la pubblicazione dell’articolo in cui i ricercatori devono illustrare esattamente l’esperimento e da dove sono partiti e quali sono stati i risultati ottenuti; queste informazioni non sono ancora disponibili, e quello che possiamo dire da quanto è trapelato che i colleghi britannici hanno ottenuto attraverso la nota tecnica di rigenerazione tissutale, cioè la riprogrammazione di cellule per ottenere cellule staminali, quelle che sono le cellule primordiali o totipotenti, cioè le cellule, che all’inizio danno origine appunto agli embrioni, che normalmente si ottengono dalla fecondazione tra uno spermatozoo e un ovocita». «Le prime cellule che si sviluppano dopo la fecondazione normale - continua Novelli - danno origine alla placenta e all'embrione stesso che poi formerà tutti gli organi; ecco, gli scienziati sono riusciti ad ottenere in laboratorio cellule primordiali senza fecondazione. L'esperimento non è non è potuto proseguire in tutte le fasi dello sviluppo perché c'è il limite», conclude il genetista.

Un confine imposto per legge agli scienziati, ai quali è consentito coltivare embrioni in laboratorio solo fino a 14 giorni. Per studiare lo sviluppo dell’embrione in seguito oggi si possono solo osservare le immagini di una gravidanza e studiare gli embrioni donati per la ricerca. In passato, il team di Zernicka-Goetz e un altro gruppo di ricerca presso l'Istituto Weizmann in Israele hanno dimostrato che le cellule staminali dei topi potrebbero essere incoraggiate ad autoassemblarsi in strutture embrionali precoci con un tratto intestinale, l’inizio di un cervello e un cuore pulsante. Da allora, è in corso una gara per tradurre questo lavoro in modelli umani e diversi team sono stati in grado di replicare le primissime fasi di sviluppo. La scienza si muoverà più in fretta della legge?