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La Groenlandia è nel mirino di Trump
Trump prosegue nella crociata per la conquista dell’Artico: «Prenderemo la Groenlandia», ha dichiarato in un’intervista alla Nbc, «c’è una buona possibilità che potremmo farlo senza l’uso della forza militare, ma non escludo nulla. Ci sono navi che navigano al largo della Groenlandia provenienti dalla Russia, dalla Cina e da molti altri Paesi. E non permetteremo che accadano cose che possano danneggiare il mondo o gli Stati Uniti». Pronta è arrivata la risposta del neo premier groenlandese Nielsen: «Voglio essere chiaro: gli Stati Uniti non otterranno la Groenlandia. Non apparteniamo a nessun altro. Siamo noi a determinare il nostro futuro».
La tensione, già alta, intorno all’isola artica è aumentata la scorsa settimana per la visita del vicepresidente Usa, JD Vance, alla base aerea di Pituffik. «Il nostro messaggio alla Danimarca è semplice: non avete fatto un buon lavoro per il popolo groenlandese» ha sostenuto Vance, «non avete investito abbastanza nella sicurezza di questa meravigliosa isola». Le parole di Vance hanno scatenato la reazione del governo Danese: «Siamo aperti alle critiche, ma non apprezziamo i toni con cui sono veicolate. Non si parla così ai propri alleati, e noi consideriamo gli Usa nostri alleati», ha dichiarato il ministro degli Esteri danese Rasmussen.
Le ragioni per cui il presidente statunitense sta spingendo con tanta veemenza per l’annessione della Groenlandia, possono ritrovarsi nel discorso fatto dall’ammiraglio Paul Zukunft, capo della Guardia Costiera della Marina Militare Usa, alla prima amministrazione Trump: «Russia e Cina stanno già incrociando le nostre acque, entro i confini della piattaforma continentale americana, in una regione quanto grande quanto il Texas è molto più ricca del Texas. Presto potrebbe crearsi una situazione simile a quella presente nel mare meridionale cinese, dove la Cina ha costruito un’isola per installarvi una base militare e logistica.
Il Cremlino ha svelato piani per costruire ed espandere basi lungo la costa orientale e lo stretto di Bering, sull’isola di Wrangler, sull’isola di Kotelny e a capo Schmidt, praticamente ai nostri confini nordoccidentali. La Cina sta inviando navi esplorative e sostiene che nessuna nazione alla sovranità oltre le 200 miglia marittime e sulle risorse naturali sottomarine. Le autorità militari cinesi hanno dichiarato che vi sono dispute per la sovranità dell’Artico che potrebbero richiedere l’uso della forza. Quello che vi invito a considerare signori è di costruire, nel più breve tempo possibile, perlomeno quattro rompighiaccio nucleari in grado di combattere».
In sintesi: gli Stati Uniti sono in ritardo rispetto agli altri attori in gioco per il controllo dell’Artico. Gli Usa hanno tre rompighiaccio nucleari, di cui due sono fuori uso; i russi ne hanno quaranta, tra queste, dieci sono a propulsione nucleare; Finlandia e Svezia ne hanno sette ciascuna; il Canada ne conta sei; la Danimarca quattro; mentre la Cina ne ha tre a disposizione, a cui vanno aggiunte le quattro in costruzione.
Il Mare Glaciale Artico contiene circa la metà delle riserve di combustibili fossili del mondo ma è anche un gigantesco bacino di pesca. Il 50% del pesce consumato negli Stati Uniti è pescato entro le 200 miglia nautiche della zona economica esclusiva al largo dell’Alaska. I cinesi, che rappresentano il 20% della popolazione mondiale, hanno definito l’artico il loro frigorifero. In base alle rivendicazioni russe sulla piattaforma continentale, quasi la totalità delle riserve fossili artiche sarebbero in mano russa.
Risorse petrolifere, minerarie ed ittiche, rotte commerciali e militari. L’Artico rappresenta per i russi un nuovo orizzonte sui cui puntare per il proprio riscatto geopolitico e un futuro su cui basare la propria rinascita. La Russia ha 6000 km di coste che affacciano sul mare glaciale artico. Nel 2007 la Federazione ha posto una sua bandiera in titanio sul fondo marino, nel punto esatto del polo nord geografico, in questo modo i russi amplierebbero ben oltre le 200 miglia nautiche la loro ‘ zona economica esclusiva’. Per legittimare le proprie pretese, nel 2001 e poi nel 2015, la Federazione Russa ha richiesto alla Commissione sui limiti della Piattaforma Continentale ( UNCLOS) creata dall’Onu nel 1982 con la Convenzione di Montego Bay, l’estensione della propria piattaforma territoriale. Le istanze russe comprendono ampi settori del Mar Glaciale Artico e il polo nord geografico. L’Unclos non è un organo politico e di conseguenza le sue raccomandazioni sono decisioni non vincolanti, esse però possono rappresentare una base legale per eventuali controversie internazionali.
Il 6 febbraio 2023 La Commissione ha accolto buona parte delle rivendicazioni russe su un’area di mare di circa 1,8 milioni di km quadrati, fornendo le sue raccomandazioni. Non tutte le richieste sono state accolte, la rivendicazione sui 300mila km quadrati del Bacino di Amudsen sono state respinte per insufficienza di prove geologiche. A poco più di una settimana dalla decisione della Commissione, i russi hanno inviato una richiesta di riesame su quest’ultimo punto, allegando nuovi dati a sostegno delle proprie pretese.
Secondo l’assunto per cui quando cambiano le rotte cambia la geopolitica, la partita è per ora congelata, data la (temporanea) presenza dei ghiacci, ma il loro veloce e progressivo scioglimento potrebbe portare le temperature dello scontro a diventare bollenti.