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A gennaio la comunità ebraica di Victoria, in Texas, aveva accolto i musulmani in sinagoga dopo il rogo della loro moschea. Ieri i musulmani hanno raccolto 55mila dollari per riparare le lapidi vandalizzate del cimitero ebraico di St. Louis, in Missouri. Il lato solidale e involontario della presidenza Trump è riuscito a unire quello che in Medio Oriente è diviso da 60 anni. Il crowdfunding per il cimitero di St. Louis è stato lanciato martedì dalle organizzazioni no profit di Tarek el Messidi e Linda Sarsour, l’attivista palestinese/ americana finita nel mirino dei troll dell’estrema destra dopo il suo comizio alla marcia delle donne del 21 gennaio. «Speriamo di mandare un messaggio di unità delle comunità ebraica e musulmana che renda chiaro che in America non c’è posto per questo tipo di odio e violenza» hanno detto i due. La raccolta fondi aveva come obiettivo 20mila dollari, ma in una sola giornata ne ha raccolti oltre 55mila che «doneremo ai centri ebraici minacciati in questi giorni» hanno aggiunto Sarsour ed el Messidi.
Nell’America di Trump gli «alieni» si radunano sotto un unico cappello. Era già successo con le proteste contro il bando ai musulmani o con le manifestazioni contro il progetto di costruire un muro al confine con il Messico. Il 2 febbraio scorso oltre 1000 bodegas di New York, i minimarket aperti 24 ore al giorno, sono rimaste chiuse per lo sciopero indetto dai loro proprietari yemeniti. Al grido di «no ban, no wall» ( no al divieto di ingresso, no al muro con il Messico, Ndr) i commercianti musulmani replicarono quanto fatto dai tassisti musulmani solo due giorni prima. Una protesta dilagante, quella contro il nuovo presidente, che è nata il giorno della vittoria alle elezioni e non accenna a placarsi. Al contrario, il movimento anti- Trump si sta preparando ad accogliere il presidente nella sua prima visita ufficiale a New York. I leader della protesta si sono ritrovati in una sinagoga di Brooklyn per pianificare le attività, in attesa di sapere la data dell’arrivo di Trump. Anche la polizia newyorkese è in fermento per l’evento. New York è la città dove Trump viveva e ha impiantato i suoi affari. La Trump Tower, in quanto simbolo del suo potere, è diventata l’epicentro della contestazione tanto che, scrive il New York Times «tra le elezioni di novembre e l’insediamento dello scorso gennaio, la città di New York ha speso 37 milioni di dollari per i 200 agenti di polizia che ogni giorno hanno pattugliato la Trump Tower e i suoi dintorni».
L’obiettivo è chiaro: «Rendere l’America ingovernabile», come era scritto sui cartelli di un gruppo di attivisti antifascisti. C’è anche questa nuova sigla nella galassia dei contestatori: migliaia di persone che si dichiarano «di sinistra», «anarchici» o addirittura «black block» radunate sotto il cappello degli Antifa per ritrovarsi ad ogni iniziativa di qualche esponente dell’Alt Right. È stato uno di loro davanti all’università di Berkley a prendere a pugni in faccia Milo Yiannopoulos, uno dei teorici cospirazionisti e suprematisti più in voga negli ambienti dell’estrema destra. L’agguato è stato ripreso dalle telecamere che lo stavano intervistando e ha trovato una veloce condivisione nel web: «Sì, lo ha steso uno di noi. - ha commentato Yvette Felarca, una delle coordinatrici del movimento Antifa Quella era un’azione di massa per impedire ai fascisti di parlare in un’università e riuniva molte anime. I black block, noi di BAMN ( By any means necessary, gruppo nato durante gli scontri di Sacramento fra attivisti di sinistra e destra, Ndr) e migliaia di persone stanno perseguendo con i propri mezzi un obiettivo comune» . E mentre si inizia a parlare di uno sciopero generale contro Trump, si moltiplicano le azioni simboliche. Ieri, sotto la Statua della libertà è apparso il famoso striscione Refugees Welcome ( benvenuti rifugiati, Ndr) mentre il Washington Post ha aggiunto alla sua testata la frase «la democrazia muore nell’oscurità», in risposta agli attacchi ai media del presidente.