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È morto questa notte a Parigi, all'età di 90 anni, il filosofo e politologo Toni Negri, che tra gli anni sessanta e gli anni settanta, fu uno dei maggiori teorici del marxismo operaista. La notizia, annunciata ai media dalla moglie Judith Revel, è stata confermata su Instagram dalla figlia Anna Negri.
Toni negri è nato a Padova il 1 agosto 1933. Fondatore di Potere operaio, leader di Autonomia operaia, teorico dell'anti-Stato, considerato l'ideologo della lotta armata, condannato per associazione sovversiva e poi a lungo latitante, ha impersonificato nel mondo dell'estrema sinistra, suo malgrado, «il cattivo maestro» per eccellenza.
Nel 1967 ottenne la cattedra di filosofia politica presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Padova, nella quale divenne direttore dell'Istituto di dottrina dello stato. Considerato tra i maggiori pensatori della dottrina dello stato a livello mondiale, è sempre stato coinvolto in modo attivo nei movimenti di trasformazione della società: dopo gli anni di piombo, il libro che l'ha reso famoso nel mondo è "Impero" (Rizzoli, 2002), scritto in collaborazione con il filosofo statunitense Michael Hardt, testo fortemente critico della globalizzazione liberista e del moderno imperialismo.
Dopo aver partecipato all'esperienza dei "Quaderni Rossi" nei primi anni Sessanta, il professor Negri ha avuto un'importanza cruciale nell'elaborazione teorica dell'operaismo e in seguito nella fondazione di Potere operaio (1967) e nell'Autonomia operaia (1973). Arrestato nell'operazione "7 aprile" del 1979 con l'accusa di far parte delle Brigate rosse che ordinarono l'uccisione dello statista democristiano Aldo Moro, verrà condannato a dodici anni di carcere con l'accusa di esserne "moralmente responsabile" al termine di un processo molto discusso.
Finito in prigione, il professore fu politicamente adottato da Marco Pannella, che volle farne un simbolo di come la magistratura - anticipando in qualche modo la vicenda di Enzo Tortora presunto camorrista - potesse scambiare lucciole per lanterne e il legislatore adottare nella lotta al terrorismo leggi per niente garantiste, comunque esposte alle applicazioni peggiori. In questa ottica il leader radicale nel 1983 candidò alla Camera il detenuto Negri. Che, una volta eletto, fu liberato e andò a ritirare la medaglia parlamentare a Montecitorio.
La magistratura tuttavia azionò immediatamente le procedure per chiedere e alla fine ottenere l’autorizzazione all’arresto del deputato. Che però scappò in Francia. Alla fine della legislatura patteggiò il suo rientro in Italia, dove sarebbe tornato in carcere per restarvi a regime pieno sino al 1999, e in semilibertà per qualche anno ancora, sino ad uscirne definitivamente nel 2003.