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Giustiziato, come prevede la legge dello stato della Florida. Mark Asay, cinquantatreenne suprematista bianco, è morto da detentore di due macabri primati: il primo di razza caucasica a subire la pena di morte per l’omicidio di un afroamericano e il primo a morire per l’iniezione di etomidate, un anestetico inventato negli anni Sessanta dalla Janssen, di proprietà della multinazionale Johnson& Johnson che si è detta contraria all’utilizzo dei suoi farmaci per le esecuzioni. E proprio l’utilizzo di un farmaco mai testato come strumento di morte solleva sempre maggiori interrogativi, se non sull’istituto della pena di morte in sè, almeno sulla legittimità di utilizzare come cavia un essere umano.
Proprio con questa tesi, gli avvocati di Asay hanno cercato di bloccare l’esecuzione sostenendo che l’uso di un farmaco mai sperimentato, e che quindi potenzialmente potreb- be provocare sofferenze, viola l’emendamento della Costituzione che vieta punizioni crudeli ed inusuali. La maggioranza assoluta dei giudici della Corte Suprema della Florida, tuttavia, ha respinto il ricorso: tutti favorevoli, uno solo contrario, il quale ha giustificato la sua opposizione sostenendo che il condannato sarebbe stato trattato come «una cavia di laboratorio dell’ultimo protocollo per le iniezioni letali».
L’utilizzo di nuovi farmaci per le iniezioni letali negli Stati Uniti si è reso necessario dopo che molte aziende fornitrici del mix di morte come la Pfizer e la Roche si sono esposte pubblicamente, opponendosi all’utilizzo dei loro farmaci e alla produzione del Midazolam, la sostanza più comunemente usata e ora diventata difficilmente reperibile in molti stati. In questi giorni, anche la Johnson& Johnson ha dichiarato di non condividere «l’uso dei nostri farmaci in iniezioni letali per la pena capitale» e che le sue invenzioni «servono per salvare e migliorare la vita, non dovrebbero essere usate per uccidere».
Invece, nulla ha fermato l’ago. La sentenza è stata eseguita come da protocollo e Asay è stato dichiarato deceduto nella prigione di Stato di Starke alle 18.22 ora locale, a distanza di undici minuti dall’iniezione letale e dopo 36 anni nel braccio della morte. Michelle Glady, portavoce del carcere, ha confermato che «non ci sono state complicazioni durante la procedura e Asay non ha parlato durante l’esecuzione». Un velato riferimento al caso avvenuto nel 2014, in Oklahoma, dove un detenuto è morto dopo 43 minuti di agonia, contorcendosi e urlando, perchè il cocktail di farmaci non lo aveva sedato.
Asay, ex membro di una gang suprematista, era stato condannato alla pena capitale nel 1988, per l’uccisione per l’uccisione a Jacksonville di Robert Lee Booker, afroamericano di 34 anni, e dell’ispanico Robert Mcdowell, 26 anni, in delitti per cui è stato riconosciuto il movente razziale. Lo sfondo razziale dei due omicidi, commessi da Asay quando era appena maggiorenne e che gli sono costati una vita in carcere e la pena di morte, è stato rinnegato dall’uomo proprio in punto di morte. «Ero ubriaco e arrabbiato il giorno degli omicidi, ma non li ho uccisi per razzismo», sono state le sue ultime parole al prete che lo ha visitato prima dell’esecuzione. Quando poi, già legato alla barella prima dell’iniezione letale, gli è stato chiesto se volesse fare un’ultima dichiarazione, la sua risposta è stata: «No, signore, non la faccio. Grazie». Nei lunghi anni di carcere, l’ex suprematista bianco aveva detto di essere cambiato e la sua storia ha fatto discutere i media americani, dopo che in una intervista aveva dichiarato di «non essere più una persona violenta o una minaccia per la società». Nei casi di condanna alla pena di morte, tuttavia, nessun ravvedimento è sufficiente a fermare l’esecuzione. Eppure, dove non sono ancora arrivate le lotte delle associazioni contro la pena capitale, potrebbe arrivare proprio l’ostruzionismo delle grandi corporation, che stanno progressivamente rendendo irreperibili i farmaci per i mix letali, riaprendo così il dibattito pubblico in tutti gli Stati Uniti sulla costituzionalità di una pena che non rieduchi ma uccida.