Finire in carcere per aver scritto e diretto una pièce teatrale. Succede anche questo nella Russia sempre più cupa e autoritaria di Vladimir Putin. La regista Yevgenia Berkovich, 39 anni, e la drammaturga Svetlana Petrichuk, di 44, sono state infatti condannate a sei anni di carcere ciascuna per la produzione della loro opera The Brave Falcon Finist.

Un tribunale militare moscovita le ha infatti giudicate colpevoli di giustificazione del terrorismo. Il loro lavoro artistico è liberamente ispirato a fatti realmente accaduti, la pièce racconta la storia di alcune donne russe che si sono recate in Siria durante la guerra civile per sposare i membri dello Stato islamico. Questione di mettere a fuoco il processo di radicalizzazione delle giovani musulmane che hanno raggiunto il Califfato con conseguenze devastanti sulle protagoniste e strascichi giudiziari gravi oltre ad inchieste giornalistiche altamente drammatiche.

In Russia però non se ne può parlare e tanto meno rappresentare tali fatti all’interno di un teatro. Secondo l'accusa le due artiste si sarebbero formate un'opinione positiva dell'ISIS e il procuratore Yekaterina Denisova ha sostenuto che l'opera conteneva segni di «giustificazione del terrorismo». Un’accusa surreale nettamente negata dalle accusate che fin dall'inizio del processo, a maggio, hanno spiegato di aver messo in scena lo spettacolo proprio perché si opponevano al disegno feroce dello Stato Islamico denunciando il lavaggio del cervelo subito dalle giovani ragazze.

Anzi Berkovich ha detto che lo spettacolo era stato messo in scena per prevenire il terrorismo, aggiungendo di non avere «altro che condanna e disgusto» per chi si era macchiato di crimini: «Non ho assolutamente idea di cosa abbia a che fare con me questa selezione di parole... Non ho mai condiviso alcuna forma di Islam, radicale o di altro tipo».

Chiaramente la sentenza nonostante ciò che è stato dichiarato da Berkovich e Petrichuk è sembrata preconfezionata anche se appare abbastanza priva di senso. Oltre ad essere incarcerate, a entrambe le donne sarà vietato di amministrare siti web per tre anni, dopo il loro rilascio da una colonia penale dove saranno inviate per scontare la condanna.

L'avvocato difensore Ksenia Karpinskaya ha descritto l'udienza come «assolutamente illegale», «ingiusta», e si è impegnata a fare appello contro di essa anche se ha riconosciuto tristemente che sussistono poche speranze.

Svoltosi in parte a porte chiuse, il processo ha immediatamente aumentato l'allarme sulla libertà di espressione in Russia tra i membri della comunità artistica del paese, spesso testimone di posizioni critiche nei confronti del sistema “putiniano” e della sua guerra contro Kiev. I sostenitori di Berkovich infatti hanno messo in evidenza come il suo procedimento giudiziario sia legato a una serie di poesie scritte per criticare l'offensiva militare russa in Ucraina. Altri esponenti del mondo dello spettacolo e dell'arte sono stati sottoposti a crescenti pressioni da parte del Cremlino a partire dall'invasione del 2022.

Il filo che ha portato alla condanna sembra comunque avere una sua logica perversa, negli ultimi mesi, la Russia è stata oggetto di attacchi mortali da parte di militanti islamici a Mosca e nel Daghestan. Il Cremlino ha avanzato subito l'idea di un coinvolgimento dell'Ucraina in entrambi gli attentati, supposizione che però non è mai stata suffragata da prove concrete.

Intanto diversi e noti artisti, scrittori e giornalisti russi si sono espressi a sostegno delle donne, tra cui il giornalista Dmitry Muratov e l'attrice Yulia Peresild. Lo spettacolo, che ha debuttato nel 2020, ha vinto due Golden Mask Theatre Awards per la miglior drammaturgia e i migliori costumi.