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Due presidenti di sezione contagiati e ricoverati in rianimazione all’ospedale Sacco. Decine di magistrati ed impiegati amministrativi in quarantena volontaria. Un intero piano evacuato. Le udienze civili e penali rinviate almeno per tutta la settimana. Dopo essere stato additato come probabile focolaio dell’infezione che aveva colpito la scorsa settimana quattro avvocati napoletani e due segretarie dopo la trasferta di uno di loro in Lombardia, il Tribunale di Milano ha vissuto ieri una giornata drammatica. La notizia del contagio del coronavirus fra le austere mura di corso Porta Vittoria si è diffusa fin dal primo mattino. Due magistrati, marito e moglie, erano stati ricoverati d’urgenza la sera precedente. Anche se il tampone è risultato positivo, il primo bollettino medico è stato comunque rassicurante. I controlli sono partiti immediatamente per risalire alle persone che nei giorni precedenti avevano avuto rapporti con le due toghe.Contemporaneamente, dopo aver sospeso le udienze delle due sezioni, la Sesta civile e la sezione misure di prevenzione, è stata disposta la sanificazione urgente delle aule e delle stanze dei magistrati. Per i magistrati ed il personale amministrativo in servizio nelle due sezioni e da ieri quarantena, il protocollo sanitario prevede una telefonata due volte al giorno da parte delle autorità al fine di verificarne le condizioni. L'auto-isolamento potrebbe però estendersi anche ad altri magistrati. Il primo provvedimento preso dal presidente del Tribunale Roberto Bichi, dopo la diffusione del coronavirus al Palazzo di giustizia, è stato quindi sospendere e rinviare a dopo aprile tutte le udienze civili non urgenti, alla luce della "diminuzione delle risorse". Nessun intervento, invece, per il settore penale. A nulla, dunque, sono valse le misure precauzionali adottate fin dallo scorso 23 febbraio in tutti gli uffici giudiziari lombardi.I capi degli uffici, i presidenti delle Corti d’Appello di Milano e Brescia, in assenza di un provvedimento governativo di chiusura degli uffici giudiziari, avevano emesso delle disposizioni, “delegando” ai singoli giudici la gestione dell’emergenza. Le indicazioni date invitavano a non fare udienza se l’aula era troppo affollata, raccomandando di tenersi almeno a due metri di distanza dalle parti. Troppe, comunque, le persone che sono continuate ad entrate in questi giorni nel Palazzo di giustizia del capoluogo lombardo che, nei momenti di massimo afflusso, fa registrare fino ad ottomila accessi giornalieri. Numeri difficile da controllare.Se nelle aule di udienza è stato imposto la distanza di almeno due metri e i giudici hanno fatto udienza con quanti e mascherina tendendo a distanze le parti, nei corridoi la calca ha reso infatti impossibile il controllo. La scorsa settimana la situazione era già sfuggita di mano all’ufficio del giudice di pace. Sempre Bichi, sollecitato dai numerosi avvocati presenti, aveva disposto la sospensione di tutte le udienze. L’unica soluzione, ora, pare essere la chiusura dell’intero tribunale per le attività non urgenti. [gallery size="medium" columns="4" ids="249375,249376,249378,249380"] Ed è questo che ha ieri ha sollecitato la Camera penale di Milano per bocca del suo presidente, l’avvocato Andrea Soliani, dopo aver anche disposto lo stato di agitazione per i penalisti. «La situazione mette in pericolo la salute di tutte le persone che frequentano: magistrati, avvocati, forze di polizia, parti processuali, cancellieri: chiediamo un rinvio almeno fino al 16 marzo, per celebrare solo i procedimenti con detenuti», la nota della Camera penale. «Non si può obbligare a fare udienza a chi non se la sente in un momento così», il commento dei penalisti. «Siamo fermi sostenitori della necessità che la giustizia non si fermi - ha invece dichiarato il presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano Vinicio Nardo - sia perché crediamo nell’importante funzione sociale che svolge, sia per non aggiungere un ulteriore e dirompente messaggio negativo ai tanti che, in questi giorni, vengono lanciati verso la collettività nazionale e internazionale. Riteniamo tuttavia che adesso non basti rinviare di qualche giorno le cause civili non urgenti, ma si debba dar luogo al rinvio di tutti i procedimenti civili e penali del mese di marzo che non abbiano ragioni di oggettiva urgenza». Il deposito degli atti dal mese scorso sta avvenendo solo per via telematica essendo le cancellerie chiuse. I luoghi più pericolosi per la diffusione del virus restano il tribunale di Sorveglianza, le aule delle dirittissime, oltre a tutto il settore civile. Dal Csm, competente per l’organizzazione degli uffici giudiziari, non risultano essere state date indicazioni particolari. Silenzio anche dall’Anm. Un magistrato, interpellato dall’Agi al termine della giornata, si è lasciato andare ad un commento: «Non capisco proprio questa idea di essere eroici durante un epidemia: L’attività giudiziaria si ferma l’estate e durante le astensioni degli avvocati o dei giudici onorari, frequenti negli ultimi tempi, perché non farlo ora?».