L’affaire doping non è ancora chiuso. Jannik Sinner deve ancora attendere qualche giorno per mettersi alle spalle il caso: l’infinitesima quantità di “Trofodermin” contenente Clostebol - sostanza vietata, utilizzata da quello che fino a poche settimane fa era il suo fisioterapista, Giacomo Naldi, per curarsi una ferita al mignolo della mano e poi massaggiare senza guanti Jannik in occasione del torneo di Indian Wells a marzo - tiene ancora in sospeso il numero uno del tennis mondiale, fresco di trionfo agli US Open.

L’agenzia mondiale antidoping (Wada), anche se non ha ancora presentato ufficiale ricorso al Tribunale Arbitrale Internazionale dello Sport (Tas) circa la decisione dell’International Tennis Integrity Agency (Itia) di scagionare il 23enne altoatesino da quella che a tutti gli effetti è una positività al doping, in base all’articolo 13.2.3.5 (Appeal deadline for Wada) del codice antidoping, ha ancora 21 giorni per esprimersi. Si tratta di un comma che riguarda solo la Wada, la quale vuole entrare nel dettaglio della vicenda che ha interessato solo la Itia e non il resto dell’antidoping mondiale. «La revisione di questo caso da parte della Wada è in corso. Non è stata ancora presa alcuna decisione in merito. La scadenza non è ancora trascorsa», conferma la Wada rispondendo a una richiesta dell’agenzia LaPresse.

L’agenzia mondiale antidoping ha chiesto una integrazione di documentazione alla Itia che è stata fatta pervenire nel corso della scorsa settimana. Non conoscendo la data della consegna non si può sapere esattamente quando è fissato il nuovo termine per poter presentare ricorso al Tas ma non supera i 10-15 giorni. La Itia è un tribunale indipendente legato al tennis e, come scritto nel verbale di 33 pagine dell’udienza numero SR/250/2024 firmato dai giudici del panel David Sharpe, Tamara Gaw e Benoit Girardin, Sinner «non ha alcuna colpa o negligenza».

L’errore di aver utilizzato il “Trofodermin” è costato il posto nello staff di Sinner sia al fisioterapista Naldi che al preparatore atletico Umberto Ferrara che aveva acquistato il farmaco a Bologna e poi ceduto a Naldi per curare la ferita.