PHOTO
Jose Saldana si siede davanti al suo computer e cerca di sistemare il microfono. Da circa due settimane, per qualunque comunicazione, ha imparato ad affidarsi a quel piccolo foro sopra allo schermo. Aggrotta le ciglia, mima alcune parole, spinge un tasto qua e là e alla fine riesce a parlare.“In Italia la situazione è molto grave, abbiamo visto le immagini. Ma la tempesta è arrivata anche qui e l’America non è pronta”.Saldana ha quasi 70 anni e più della metà della sua esistenza l’ha vissuta all’interno del carcere di Dutchess County, nello Stato di New York. Aveva 27 anni quando, nel 1980, venne arrestato con l’accusa di tentato omicidio nei confronti di un poliziotto di New York. Nel 2018, dopo essersi visto negare la libertà condizionale per quattro volte, e dopo 38 anni di carcere, è stato rilasciato.“Lo Stato di New York ha circa 90.000 detenuti tra uomini e donne, 10.000 dei quali sono anziani. Ora che il Covid-19 ha varcato la soglia del carcere, dopo che è stato confermato il primo caso di positività tra gli agenti penitenziari, la situazione sanitaria è definitivamente sfuggita di mano”.Secondo le stime dell’ONG “Release Aging People in Prison” (RAPP), di cui Saldana è Direttore, il tasso di mortalità all’interno dei penitenziari newyorkesi è da sempre molto alto. Si calcola che dal 2011 a oggi sono morte più di 675 persone over 50, la maggior parte delle quali afroamericane.“Entrai in carcere al culmine della crisi da HIV. Le persone semplicemente morivano e nessuno era preparato. Dagli anni ’80 ad oggi abbiamo fronteggiato numerose crisi, per ultima quella della TBC ma il sistema penitenziario non ha imparato nulla da allora”.È di questi giorni la denuncia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha parlato di un “enorme rischio di mortalità da Covid-19 all’interno delle carceri in tutto il mondo” se non venissero prese le giuste precauzioni. Nel mondo i detenuti sono circa 10 milioni tra uomini, donne e bambini e il sovraffollamento persiste in almeno 121 paesi, tra cui, come è noto, l’Italia. Per Saldana l’unica via percorribile è quella di un progressivo processo di decarcerizzazione, dove chi è più vulnerabile da un punto di vista clinico deve essere immediatamente rilasciato.Il primo provvedimento assunto dal sistema penitenziario americano, in misura diversa per ogni Stato, è stato quello di sospendere i colloqui con i familiari. “Cosa che di per sé non può bastare – continua Saldana- considerando che in uno dei complessi penitenziari più grandi al mondo, quello di Rikers, ci sono 6.000 detenuti, 9.000 dipendenti dell’amministrazione penitenziaria più circa 1.500 civili che ogni giorno, dopo il loro turno di 8 ore, escono, vanno a casa e poi tornano”.Nello Stato di New York sono stati confermati più di 30.000 casi di contagio da Covid-19, praticamente la metà dei contagiati su tutto il territorio americano. “Questo dato rende prigioni come Rikers l’epicentro dell’epicentro”.Dall’Illinois riecheggia, via twitter, la testimonianza di Linda Frieburg, madre di un ragazzo detenuto nel carcere di Sheridan nell’Illinois, che ammette di sentirsi fortunata. Il figlio è detenuto in un istituto dove non sono ancora stati riportati casi di positività. Il sapone però “deve comprarselo da solo, e può acquistarlo al massimo due volte al mese. Niente mascherine e nessun igienizzante”. Se hai i soldi puoi lavarti le mani. “Ma gli altri? Come fanno gli altri?”.Gli altri, per ora, aspettano e alcuni, invece, scappano. 14 persone infatti, ad oggi, sono evase dalla prigione di Yakima County (Washington). Chiunque “abbia notizie di loro” si legge nella circolare pubblicata dall’ufficio dello sceriffo “riceverà fino a 1.000 dollari come ricompensa”.La generazione di settantenni detenuti, come Saldana, ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze delle rivolte carcerarie degli anni ’70. In particolare, quella della prigione di Attica, dove 39 persone furono uccise dalla Guardia Nazionale. “Se in tutti questi anni non ci sono più state rivolte simili- afferma Saldana- è perché i detenuti hanno compreso che quelle vicende hanno finito per fomentare un’immagine da sempre predominante: “L’immagine di una mandria di bruti, selvaggi, animali. Tutto tranne che di uomini”.“Oggi, – continua il Direttore del RAPP- le persone recluse sono più consapevoli di allora. Hanno creato movimenti di pressione e di denuncia, movimenti nati dopo notti insonni sopra materassi fetidi e sotto formicolanti luci al neon, “per riconnettersi all’umanità che avevano dentro ma soprattutto a quella che c’era fuori”.Nelle 1.833 prigioni che dipendono dagli stati, 110 prigioni federali, 3.134 prigioni locali e nei 1.772 centri di giustizia minorile sparsi per l’America, più della metà dei detenuti non è ancora stato condannato. Il 40 % di loro è afroamericano e non ha la possibilità di pagare la cauzione che, in media, costa 10.000 dollari.Gli Stati Uniti d’America sono l’unica democrazia al mondo a non avere un’autorità indipendente che monitori le condizioni di detenzione e il rispetto dei diritti delle persone recluse, tra cui quello alla salute.“Poco prima che venissi rilasciato, discussi con Piercy, il mio compagno di cella. Era gravemente malato e si ostinava a non chiedere aiuto perché pensava fosse inutile. Un giorno si decise -vado in infermeria, e quando finisco, ci beviamo un caffè. La mattina dopo, invece di Piercy venne da me l’infermiera. ‘ Non ce l’ha fatta. Mi ha chiesto di dirti qualcosa, come Salam…’ – sì- intervenni io -‘Piercy era musulmano, ha detto “As-salamu alaykum”.Lo sguardo di Jose Saldana sembra appoggiarsi sulla tastiera per poi tornare a guardare il foro della telecamera. Ha la barba bianca e appena due rughe intorno agli occhi. A breve andrà in cucina e metterà su il caffé. Da due anni può berlo in una tazza di vetro.Marica Fantauzzi