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Numerosi misteri ancora non fanno piena luce sull’omicidio di Chiara Poggi, per cui è stato condannato in via definitiva a 16 anni il suo fidanzato Alberto Stasi. Ne abbiamo parlato con Carmelo Lavorino, investigatore e criminologo che si è occupato di celebri casi di cronaca nera come quello del Mostro di Firenze e di Cogne, del delitto di via Poma, dell’omicidio Marta Russo.
Dottor Lavorino, che profilo ha l’assassino di Chiara Poggi?
Un soggetto che ha perso il controllo. Ha ucciso sotto una forte spinta narcisistica, ha inferto colpi a ripetizione, ha voluto dominare, distruggere la vittima, l’ha voluta disprezzare profondamente per poi sbarazzarsene senza alcuna pietà, come una cosa immonda, buttandola insanguinata e fracassata nei piani bassi della casa - elemento questo importante -.
Questo profilo potrebbe essere quello di Stasi però?
Si adatta a diverse persone, tra cui Stasi. Potrebbe essere perché si tratta di un omicidio d’impeto, in seguito a litigio, a rifiuto. Ma dobbiamo anche trovare elementi di riscontro che ci fornisce la criminalistica. La scienza delle tracce ha trovato tutto tranne le prove contro Alberto Stasi, tanto è vero che è stato assolto nei primi due gradi di giudizio. Già nel 2007 indicavo il tessuto epiteliale dell’assassino sotto le unghie della vittima come elemento determinante per la soluzione del caso. Allora chi doveva fare il suo lavoro non lo fece in modo meticoloso. Ma oggi con le nuove metodiche sappiamo che quel Dna sotto le unghie di Chiara Poggi non appartiene a Stasi ma ad un altro soggetto.
E questo soggetto ha l’età e un mosostiene vente per aver ucciso la ragazza.
Gli avvocati di Stasi credo che abbiano elementi forti nella loro relazione tecnica presentata per la revisione del processo, altrimenti la madre di Stasi che ha firmato l’esposto rischierebbe una pesante accusa di calunnia.
Questo Dna però potrebbe essere stato lasciato dal ragazzo in un’altra occasione.
Il Dna quasi sicuramente è contestuale all’azione omicidiaria per motivi di formazione della traccia. Ed è un elemento oggettivo molto forte. E noi scienziati del crimine abbiamo il dovere di cercare la verità e correggere l’errore investigativo.
L’avvocato di parte civile Tizzoni che la nuova prova del Dna non ha valore e che si stia cercando di introdurre un complice.
Non credo assolutamente alla presenza di un complice di Stasi perché è un omicidio a seguito di perdita di controllo.
Dopo dieci anni dai fatti sarà difficile forse arrivare a una verità?
Subito dopo l’omicidio questa persona che oggi è indagata venne ascoltata dagli inquirenti e fornì un alibi, probabilmente supportato da dichiarazioni di altre persone. Oggi bisogna andare a ritroso e rivedere tutto. Questa persona deve spiegare perché la sua pelle, il suo Dna era sotto le unghie di Chiara.
Ci sono state polemiche anche su come è stato raccolto il Dna da Andrea Sempio, su cucchiaino e bottiglietta d’acqua, senza che lui lo sapesse. Possiamo ipotizzare che gli investigatori l’abbiano seguito in un bar.
Dal punto di vista civilistico non è lecito, con gli avvocati stiamo valutando se lo è sotto il profilo penale. Tuttavia se la sequenza di Dna rinvenuta dalle indagini della famiglia Stasi è uguale a quella presente nelle carte dell’indagine e dei processi, la Procura deve prenderne atto e obbligare Andrea Sempio a fornire il suo Dna.