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Siamo al quinto suicidio in carcere dall’inizio dell’anno. Questa volta la donna è una vittima che si è tolta la vita ieri mattina nel carcere romano di Rebibbia, a Roma, dov’era detenuta perché imputata di omicidio. La donna soffriva di un profondo disagio psicologico.
A darne notizia è il Sappe, Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria. “La donna si è suicidata in cella questa mattina all’alba, impiccandosi. L’agente in servizio si è accorta dell’accaduto e ha dato l’allarme – riferisce Maurizio Somma, segretario nazionale Sappe per il Lazio – Purtroppo sono stati vani i tentativi di soccorso per rianimarla, anche con l’ausilio di altri colleghi e dello staff infermieristico. Si disconoscono allo stato attuale le motivazioni che hanno indotto la detenuta a porre in essere l’insano gesto”.
Purtroppo la storia si ripete e le condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari condizionano moltissimo l’esistenza dei detenuti. Anche il primo presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Mammone, nella sua relazione per l’apertura dell’anno giudiziario ha sottolineato che nelle carceri italiane ' si registrano nuovamente casi di sovraffollamento'. In particolare, ha aggiunto Mammone ' cresce la popolazione carceraria straniera. Il numero dei detenuti stranieri alla data del 31 dicem-È bre 2017 era di 19.745 su 57.608; la capienza regolamentare alla stessa data era di 50.499'.
Le denunce si ripetono da anni e la riforma dell’ordinamento penitenziario che potrebbe contribuire a migliorare la situazione è ancora ferma nella fase dell’approvazione dei decreti attuativi, in questi giorni al vaglio della commissione Giustizia della Camera. Proprio per sollecitare la conclusione dell’iter l’esponente radicale Rita Bernardini pro- segue il Satyagraha per l’approvazione definitiva della riforma dell’ordinamento penitenziario, incluse le parti mancanti come il lavoro e l’affettività in carcere, al quale hanno aderito oltre duemila detenuti italiani. E a proposito del suicidio della donna a Rebibbia Rita Bernardini sulla sua pagina Facebook ha pubblicato una sua testimonianza sulla sua ultima visita nel carcere romano: “Quando l’ho visitato l’ultima volta avevo denunciato molti casi di disagio psichiatrico e troppi agenti distaccati. Quella sera c’era solo il comandante e un’agente donna... ”.
Il segretario generale del Sappe, Donato Capece denuncia: “Questo è il quinto suicidio in carcere di un detenuto dall’inizio dell’anno, il quinto! E conferma come i problemi sociali e umani permangono nei penitenziari, lasciando isolato il personale di Polizia penitenziaria ( che purtroppo non ha potuto impedire il grave evento) a gestire queste situazioni di emergenza. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri e le soluzioni adottate fino a oggi si confermano inefficaci e perciò inutili. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti. Per queste ragioni un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace sono misure utili non solo per i detenuti ma per l’intero istituto. Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 18mila tentati suicidi ed impedito che quasi 133mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Il dato oggettivo è che la situazione nelle carceri resta allarmante. E 5 suicidi in 22 giorni nelle carceri deve fare seriamente riflettere: altro che emergenza superata! ”.