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Cassazione Melillo Lo Voi
Sarà un derby tra Nicola Gratteri e Giovanni Melillo la partita per la Direzione nazionale antimafia, aperta ufficialmente ieri con le audizioni in V Commissione dei candidati alla successione di Federico Cafiero de Raho, in pensione da febbraio. A contendersi il posto dell’ex procuratore, oltre ai due vertici delle procure di Catanzaro e Napoli, ci sono anche i colleghi di Catania, Carmelo Zuccaro, di Messina, Maurizio De Lucia e di Lecce, Leonardo Leone De Castris. In corsa anche il procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, che tra oggi e domani, però, potrebbe essere nominato procuratore di Milano. Unica candidatura interna alla Dna quella di Giovanni Russo, procuratore aggiunto in via Giulia e reggente dopo l’addio di de Raho, considerato in terza posizione rispetto a Gratteri e Melillo. Il procuratore di Napoli sarebbe, attualmente, il favorito. Ma il suo è un vantaggio «di misura», stando a quanto trapela da Palazzo dei Marescialli, che si ritrova tra le mani, dunque, due curriculum di peso.
La candidatura di Gratteri
Gratteri, 64 anni, in precedenza aggiunto a Reggio Calabria (dove ha trascorso 23 anni) proprio a fianco di de Raho, all’epoca alla guida della procura dello Stretto, si trova a Catanzaro dal 21 aprile 2016, quando il plenum si espresse all’unanimità nel giro di pochi minuti sulla proposta licenziata dalla V Commissione, che registrò la sola astensione del consigliere Lucio Aschettino.
Una candidatura da outsider, la sua, rispetto al gioco di correnti che negli anni ha governato le nomine degli uffici più importanti del Paese, tanto da essere sostenitore dell’ipotesi sorteggio per l’elezione del Csm, avversata da buona parte delle toghe e caldeggiata da chi, come lui, gioca da battitore libero, come i colleghi Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita. «Si tratta di una nomina che più di altre, come molte altre, ma in particolare, esalta il merito delle competenze acquisite sul campo da un magistrato di particolare valore aveva evidenziato all’epoca il relatore Carlo Maria Galoppi, togato di Magistratura indipendente - che si è distinto non solo nella lotta alla criminalità organizzata, pagando di persona anche un prezzo alto in relazione ai rischi ai quali è esposta la sua sicurezza personale, ma che ha dato prova di particolare competenza organizzativa, sia dal punto di vista investigativo sia dal punto di vista della elaborazione e adozione di moduli di organizzazione dell'ufficio che sono stati sperimentati, con risultati documentati, presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Con questa nomina vince veramente la meritocrazia».
Dopo il suo avvento a Catanzaro diverse toghe del suo distretto sono finite nei guai: clamorosi i casi del procuratore generale Otello Lupacchini, trasferito dal Csm a Torino dopo le critiche espresse nei confronti del procuratore e delle sue inchieste definite «evanescenti», e dell’aggiunto Vincenzo Luberto, segnalato alla dda di Salerno proprio da Gratteri per via dei presunti rapporti di natura illecita con il deputato pd Ferdinando Aiello. Entrambi, finiti a processo con l’accusa, a vario titolo, di corruzione, falso, omissioni d’atti d’ufficio, favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio, sono stati assolti poche settimane fa perché il fatto non sussiste, ma nel frattempo Luberto è stato trasferito a Potenza con le funzioni di giudice civile.
La candidatura di Melillo
Melillo, 63 anni, guida invece la procura di Napoli - all’epoca considerata «la più difficile» -, dal 27 luglio 2017, quando, dopo una discussione durata otto ore, il plenum lo preferì con 14 voti a nove proprio a de Raho, “consolato” a novembre dello stesso anno con la nomina al vertice della Dna. Ex capo di gabinetto dell’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando, anche lui estraneo al gioco delle correnti, fu sostenuto soprattutto dalle toghe progressiste del Csm. La consigliera Paola Balducci, relatrice della proposta a suo favore, valorizzò «la complessiva esperienza maturata nell'ambito della conoscenza dell'organizzazione degli uffici giudiziari», evidenziando la competenza acquisita «sul campo presso la procura di Napoli, dapprima come sostituto e in seguito come procuratore aggiunto» e «presso la Procura nazionale antimafia: invero durante tutto l'arco dell'esperienza giudiziaria è emersa la sua eccellente attitudine organizzativa», anche in qualità di «coordinatore della procura partenopea nel settore delle misure di prevenzione», caratteristiche che prevalsero anche sui sette anni di anzianità in più vantati da de Raho.
La discussione fu condita però da non poche polemiche, proprio a causa dell’esperienza di Melillo a via Arenula, considerata temporalmente troppo vicina alla nomina, alla quale si aggiunse il ruolo di commissario del Pd ricoperto da Orlando proprio a Napoli. Il togato di Area Piergiorgio Morosini evidenziò «i profili di eventuale incompatibilità», data «la sostanziale continuità tra un incarico fuori ruolo molto delicato, come quello di capo di gabinetto del ministero della Giustizia, e un incarico importante e delicato nella giurisdizione, come quello della titolarità della procura della Repubblica di Napoli».
Diversa la posizione di un altro magistrato di Area, Antonello Ardituro, che si espresse a suo favore, sottolineando la difficoltà di scegliere tra «uno straordinario magistrato antimafia», quale de Raho, e «uno straordinario magistrato organizzatore e poliedrico come Melillo, che deve riportare quell’ufficio, oggi in affanno, all’altezza degli altri, attraverso un recupero di leadership». Dilemma che, ora, potrebbe abbattersi nuovamente sul Csm.