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Navalny
È sorprendente come Alexei Navalny possa agitare a tal punto i sonni di Vladimir Putin.
L’uomo che i media internazionali hanno designato come il “grande oppositore” del Cremlino, sorvegliato con occhiuta tenacia dai servizi di sicurezza di Mosca al punto da venire accusati di averlo avvelenato, gode di un consenso risibile nel suo Paese. Al di là dell’area metropolitana moscovita dove risiede il suo zoccolo duro ( si è candidato come sindaco nel 2013 superando il 20%) nel resto della Russia il suo nome è pressoché sconosciuto. Se si votasse domani difficilmente riuscirebe a superare il 5%. Eppure i ripetuti arresti, le aggressioni, i processi penali, lo zelo persecutorio con cui la magistratura russa lo tampina da anni ne hanno accresciuto la fama e il prestigio, anche ai limiti del grottesco con diversi giornali che lo hanno paragonato al premio Nobel Nelson Mandela.
Ma chi è realmente Alexei Navalny? Un sincero democratico in lotta contro il tetragono clan dello “zar” Putin o un abile trasformista privo di una sua specifica ideologia come sostengono i detrattori?
Imprenditore, blogger, attivista, militante politico, nel corso della vita ha cambiato più volte posizioni, sfilando sotto diverse bandiere e flirtando con personaggi di dubbia caratura democratica. Un passato pieno di ombre che oggi in parte rinnega e in parte prova a nascondere con le nuove campagne politiche. Figlio di un ufficiale dell’esercito sovietico e di una brillante economista, Navalny nasce nel 1976 alla periferia di Mosca. Da bambino trascorre le vacanze a Zalissya il piccolo villaggio ucraino da dove proviene il padre che si trova a pochi chilometri dalla centrale di Chernobyl e che verrà abbandonato dopo la catastrofe nucleare del 1986. Laurea in diritto nel 1998, si specializza negli anni successivi all’Università americana di Yale, Poi il rientro in patria e l’inizio di una lunga militanza politica. Da giovane Navalny è un fervente nazionalista e si iscrive al partito Jabloko di cui diviene il responsabile nell’area di Mosca. Sono i primi anni 2000 e le sue uscite xenofobe nei confronti degli immigrati dell’Asia centrale imbarazzano i vertici di Jabloko che lo espellono nel 2007: l’anno precedente aveva partecipato al corteo annuale di Marcia Russia, un cartello di formazioni ultranazionaliste di estrema destra. Navalny sostiene al contrario che il suo siluramento è stata una purga del leader del partito Grigorij Javlinskij di cui aveva chiesto le dimissioni.
Poco male: i tempi sono maturi per fondare il suo movimento politico, Narod, che in russo vuol dire “popolo”. Ma la linea intransigente verso gli stranieri non cambia: in un video rivolto ai suoi sostenitori paragona i caucasici, in particolare ceceni e georgiani a degli «scarafaggi» che come tali dovrebbero essere eliminati. Come un sovranista qualunque del mondo occidentale afferma che in Russia la gran parte dei crimini viene commessa dagli stranieri e propone un rigido sistema di visti per gli immigrati delle ex repubbliche sovietiche. Nel 2008 quando scopèpia la guerra in Ossezia del sud chiede l’espulsione dal paese delle persone di etnia georgiana. Ma la carriera da giovane leader populistanon decolla, troppa concorrenza in paese che ha il nazionalismo vergato nel proprio Dna politico dalla notte dei tempi.
Navalny ha cambiato radicalmente le sue critiche, appoggiando le campagne per i diritti civili e contro la discriminazione dei gay
Ci vuole qualcosa di diverso, una svolta. Da uomo intelligente qual è Navalny ha saputo trasformare il suo discorso pubblico, adattandolo agli standard delle democrazie occidentali cambiando radicalmente il bersaglio delle sue critiche, appoggiando le campagne per i diritti civili e contro la discriminazione dei gay. Non più i migranti «scuri di pelle» dell’Asia centrale ma il sistema di potere di Vladimir Putin: lo fa attraverso il suo blog da cui denuncia la corruzione dei funzionari pubblici, in particolare nel settore degli appalti.
Le sue inchieste pubblicate su internet in nome di un progetto chiamato RoPil hanno un buon seguito, soprattutto all’estero tramite un sistema di donazioni online riesce a coprire le spese legali delle sue denunce. Viene a sua volta accusato di frode con il fratello Oleg per appropriazione indebita ( avrebbe usato le donazioni per scopi personali) e viene condannato a 3 anni e 6 mesi. Nel 2018 crea un nuovo partito “Russia del futuro” che nel 2019 ottiene un ottimo risultato alle municipali nella circoscrizione di Mosca con il sistema dello smart vote, che consiste nel far votare il candidato anti- Cremlino in ogni collegio. Un piccolo rovescio per Russia Unita di Putin che nella capitale dimezza i voti rispetto al turno precedente. Ma nel frattempo la sua fondazione anti- corruzione viene sciolta dalle autorità che la classificano come “agente straniero”, alimentando la leggenda popolare che Navalny sia in realtà una spia, un mestatore sul libro paga della Cia.
L’ultimo evento che lo riguarda è il presunto avvelenamento da parte dei servizi segreti russi dello scorso agosto: colpito da un malore mentre era in volo tra Tomsk e Mosca viene ricoverato in coma all’ospedale di Omsk e nei giorni seguenti a Berlino in Germania dove le sue condizioni migliorano fino alle dimissioni e al ritorno in Russia la scorsa settimana dove è stato nuovamente arrestato per violazione della libertà vigilata. Dovrà scontare 30 giorni di reclusione. Poi tornerà a sfidare Vladimir Putin nei panni del “grande oppositore” vezzeggiato dall’Occidente anche al di lù dei suoi meriti.