«Abbiamo mostrato al mondo quanto abbiamo a cuore la democrazia». Sono le prime parole che William Lai ha rivolto ai suoi sostenitori al quartier generale della campagna elettorale del Dpp dopo che le urne lo hanno incoronato presidente di Taiwan.

«Voglio ringraziare il popolo taiwanese per aver scritto un nuovo capitolo nella nostra democrazia. Questo è il nostro impegno incrollabile», ha affermato. «Taiwan ha ottenuto una vittoria in nome delle democrazie», ha aggiunto.

Durante il suo discorso della vittoria, Lai ha detto di essere «determinato a salvaguardare Taiwan dalle continue minacce e intimidazioni della Cina» e di voler mantenere lo status quo tra le due sponde dello Stretto. «Mantenere la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan è una responsabilità importante», ha aggiunto, promettendo che «userà il dialogo per sostituire il confronto» nei suoi scambi con la Cina. 

Il risultato delle elezioni presidenziali e parlamentari di Taiwan traccerà la traiettoria delle relazioni con la Cina nei prossimi quattro anni. In gioco c’è la pace e la stabilità della striscia d’acqua larga 110 miglia tra la terraferma cinese e l’isola autogovernata, che la Cina rivendica come propria. A parte le tensioni con la Cina, le elezioni sono dipese in gran parte da questioni interne come il rallentamento dell’economia, l’accessibilità degli alloggi, il divario crescente tra ricchi e poveri e la disoccupazione.

Con il 99 per cento dei voti scrutinati, Lai ha incassato il 40 per cento dei voti contro il 33 per cento Hou Yu-ih, candidato del partito d’opposizione Kuomintang (Kmt) e considerato più propenso al dialogo con Pechino. Ko Wen-je, candidato del Partito popolare (Tpp, di stampo centrista), si attesta al 26 per cento. L’affluenza alle urne è stata di circa il 70,6 per cento degli aventi diritto (pari a 19,5 milioni) contro quella del 74,9 per cento registrata nelle elezioni del 2020.

Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa «Central News Agency», Lai ha definito la sua vittoria significativa per tre ragioni. L’esito delle elezioni permetterà a Taiwan di schierarsi dalla parte della democrazia piuttosto che dell’autoritarismo, prova che il popolo ha resistito «con successo» all’ingerenza esterna nelle sue elezioni e consentirà all’isola di proseguire sulla strada giusta.

Da parte sua Pechino lo considera «un pericoloso indipendentista». Vicepresidente del Partito Progressista Democratico (DPP), centrosinistra, lo stesso della presidente uscente Tsai Ing-wen, 64 anni, medico che vanta nel curriculum anche l’Università Harvard. Era entrato in politica a inizio anni Ottanta quando Taiwan divenne una democrazia libera, abbandonando la professione. È stato sindaco della città di Tainan, nel sud-overst del Paese, e primo ministro dal 2017 al 2019. Di fatto un ultra progressista del partito, che ha sempre spinto per la maggiore autonomia di Taiwan dalla Cina. Martedì scorso, in un suo intervento, aveva detto di essere pronto a rilanciare il dialogo con la Cina, dopo quasi otto anni di rifiuto quasi totale di Pechino di comunicare con i leader dell’isola autonoma che considera un proprio territorio. Ma Lai ha anche fatto sapere che continuerà la politica dell’attuale amministrazione, volta a mantenere l’indipendenza di fatto di Taiwan, nonostante le minacce del Partito comunista cinese di annetterla con mezzi politici, militari o economici.

Considerato favorito sin dall’inizio della campagna elettorale, i sondaggi lo hanno sempre considerato in vantaggio rispetto al candidato del Partito nazionalista o Kmt, Hou You-yi, propenso a un’eventuale unificazione con la Cina, e quindi più amato da Pechino. Il partito nazionalista dominò per decenni la politica taiwanese, in feroce antagonismo con Pechino, ma negli ultimi sedici anni ha assunto posizioni più gradite oltre lo Stretto con i famosi tre no: all’unificazione, all’indipendenza, al confronto militare. Poche chance aveva invece il terzo contendente Ko Wen-je, del Partito popolare alternativo di Taiwan.

Lai presidente è un risultato che è anche una vittoria per l’isola e per la sua storia democratica: per la prima volta infatti lo stesso partito presiederà il Paese per tre mandati consecutivi. Probabilmente Lai non dichiarerà formalmente l’indipendenza di Taiwan, sostenendo che l’isola funziona già, de facto, come Paese indipendente sotto il nome di Repubblica Cinese. Si spera solo che la sua vittoria non stressi ulteriormente i rapporti con la Cina, che ancora considera Taipei una provincia ribelle.