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La Cassazione scrive la parola fine sul caso di Sarah Scazzi, a sette anni dall'omicidio della quindicenne di Avetrana, uno dei delitti che più hanno impressionato l'opinione pubblica italiana negli ultimi anni, confermando in via definitiva la sentenza di ergastolo per Cosima Serrano e Sabrina Misseri rispettivamente madre e figlia, ritenute responsabili dell'omicidio della quindicenne avvenuto il 26 agosto 2010. Lo ha stabilito la Prima sezione penale della Cassazione, che ha letto il dispositivo della sua sentenza. I giudici hanno annullato solo un'aggravante, relativa al concorso in soppressione di cadavere e ridotto il periodo di isolamento diurno stabilito in appello.«Cosima e Sabrina sono due sventurate, combatteremo fino alla fine perché è una battaglia per la giustizia: è un enorme errore giudiziario —ha commentato l'avvocato Roberto Borgogno, difensore di Cosima Serrano —, rimaniamo convinti che c’è un colpevole, Michele Misseri, e due innocenti che stanno scontando la pena al suo posto». Sabrina Misseri e Cosima Serrano sono dunque condannate come responsabili dell'omicidio volontario della loro cugina e nipote, trovata senza vita in una cisterna d'acqua nelle campagne circostanti Avetrana. Sarah Scazzi, figlia della sorella di Cosima Serrano, scomparve il 26 agosto 2010: per lei quella della zia, sposata con Michele Misseri e madre della sue cugine Sabrina e Valentina, era una seconda famiglia, con la quale trascorreva gran parte del tempo. Il giorno della scomparsa, Sarah aveva un appuntamento per andare al mare con un'amica, ma non si presentò. Dopo oltre un mese di ricerche, fu lo zio Michele a rivelare quanto accaduto: affermò il 6 ottobre di essere stato lui ad uccidere l'adolescente, e a nasconderne il cadavere in un pozzo. Una versione dei fatti che cambia già pochi giorni dopo, con il primo colpo di scena: l'uomo chiama in causa stavolta la figlia Sabrina. Per la verità Michele Misseri, nel corso del processo, è più volte tornato ad autoaccusarsi, ma, secondo gli inquirenti, il suo è stato sempre solo un tentativo di proteggere moglie e figlia da una pesante condanna. Una condanna al carcere a vita, quella che la Corte d'assise di Taranto prima e la Corte d'assise d'appello poi hanno inflitto alle due donne, che si sono sempre proclamate innocenti. Utilizzando spregiudicatamente i mass media (celebri i loro blitz in noti programmi tv, con tanto di sms inviati ai giornalisti per dare la loro versione). Per nascondere, hanno sostenuto i giudici di primo e secondo grado, una verità agghiacciante: lo stretto rapporto tra Sarah e Sabrina, cugine inseparabili, si era fatto via via più conflittuale. La più piccola, Sarah, era più carina, e Sabrina vedeva in lei una pericolosa rivale per possibili findanzamenti. La gelosia, un litigio, e l'atroce complicità di mamma Cosima, che la tiene mentre Sabrina impazzita di rabbia la strangola. È poi zio Michele a caricare il corpo e gettarlo nella cisterna.