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I buoni propositi c’erano tutti. Dichiarazione del nuovo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti: «Evitiamo che ogni ministro che si siede al ministero cambi qualcosa. La mia idea di scuola è quella di non cambiare ma di mantenere». E considerato che, all’incirca, governo che viene scuola che cambia – come dargli torto? Però, il ministro Fioramonti qualcosina l’ha cambiata anche lui, la regola è di ferro: ministro che viene scuola che cambia.
I cambiamenti sembrano non modificare l’impianto dell’esame di maturità, o esame di Stato come sarebbe più proprio adesso dire – sono state eliminate le buste e viene reintrodotto il tema di storia. Sostanzialmente, scompaiono le due novità introdotte dal ministro precedente, il leghista Marco Bussetti, e che avevano suscitato tante perplessità. A far discutere era stata soprattutto l'eliminazione del tema di storia. Erano stati tanti gli appelli per reintrodurlo, firmati da storici, intellettuali, opinionisti. Siamo ancora un paese di santi, navigatori e umanisti, o no? Il ministro Bussetti nel mettere aveva anche tolto – ovvero l’ammissione all’esame non era più subordinata all’alternanza scuola- lavoro e al superamento delle prove Invalsi. Che invece erano state le novità introdotte dal precedente ministro Valeria Fedeli. L’ho già detto che la regola è di ferro?
«Ho voluto ascoltare la voce dei docenti, dice il ministro Fioramonti, e il tema storico tornerà nella prima prova scritta della Maturità, sarà nella seconda tipologia di tracce, obbligatoriamente come una delle opzioni». Quanto alle buste, dice Fioramonti: «La commissione manterrà una serie di materiali che serviranno a far partire l’esame. Ma, anziché sorteggiarlo si sapranno prima quali saranno gli argomenti scelti».
L’esame di maturità fu introdotto nel 1923 da Giovanni Gentile, nell’ambito della sua riforma della scuola, «la più fascista delle riforme», come la definì Mussolini. Consisteva in quattro prove scritte più l’orale sul programma degli ultimi tre anni. La commissione chiamata a giudicare era composta interamente da docenti esterni nominati dal ministro e venivano assegnati tanti voti quante le materie affrontate. Erano anche previsti gli esami di riparazione. Nella prima sessione il 75 percento dei candidati risultarono bocciati. Ci fu un gran malumore dei gerarchi e dei genitori, e allora si provò a intervenire per smussare. Nel 1937 Cesare Maria De Vecchi riduce il programma d’esame a quello dell’ultimo anno e nel 1940 Giuseppe Bottai introduce i “giudici naturali”, ovvero la commissione è composta dai docenti dei candidati e solo il presidente ( un professore universitario) e vicepresidente ( un preside) sono di nomina ministeriale. Ma c’è la guerra e non si cambia nulla. Con Guido Gonnella nel 1947 si ritorna alla forma ante- guerra con due piccole modifiche, ovvero l’introduzione di commissari interni accanto a quelli esterni e la limitazione dei programmi agli ultimi due anni.
Nel 1969 cambiò tutto. Fiorentino Sullo nel 1969 ( decreto legge del 15 febbraio), cinquant’anni fa, propone gli esami facilitati: solo due prove scritte, una fissa di italiano e una specifica in funzione del tipo di istituto; una prova orale che verteva su due materie scelte ( una dallo studente e una dal gruppo di professori) fra un gruppo di quattro indicate anticipatamente dal ministero della Pubblica istruzione; aboliti gli esami di riparazione mentre è introdotto il giudizio di ammissione del consiglio di classe. Il punteggio finale è complessivo e è in sessantesimi. Inoltre con la liberalizzazione degli accessi agli studi universitari l’esame è esteso a tutti i corsi di studio dei cicli quadriennali e quinquennali di istruzione secondaria superiore ( prima era in vigore solo nei licei). Questa formula, che sarebbe dovuta essere una sperimentazione dalla durata di soli due anni, ne durò più o meno trenta.
Cioè, fino al 1997 quando, con la riforma Berlinguer, la prova cambia molto: tre le prove scritte, di cui la terza predisposta dalla Commissione e colloquio su tutte le discipline dell'ultimo anno. Introduzione del credito scolastico e del credito formativo. Votazione espressa in centesimi: 45 punti alle prove scritte, 35 al colloquio orale, e 20 punti al credito scolastico. Viene valorizzata la presenza della lingua straniera nell'esame.
Nel 2001, nuovi cambiamenti con il ministro Letizia Moratti, poi nel 2007, ministro Giuseppe Fioroni, e poi ancora nel 2010 la Riforma Gelmini che chiede per essere ammessi all'esame di Stato di riportare un voto almeno pari al sei in tutte le discipline: non basta più la semplice media sufficiente. E infine 2017, ministro Valeria Fedeli: l’esame è composto da due prove scritte e un colloquio orale che darà rilevanza all’esperienza dell’alternanza scuola- lavoro; criterio di ammissione sono le prove invalsi di italiano, matematica e inglese: insomma, le cose che poi cambierà Bussetti.
Molto sensibili e vicine agli studenti sembrano essere state le intenzioni che hanno mosso Fioramonti ai cambiamenti, non vuole che l’esame sia uno stress, non vuole che sia una lotteria, che non è che siamo al Casino – bisogna puntare alla preparazione. Però, se uno ci pensa salta quello che è uno dei fattori determinanti di qualunque esame, cioè il fattore C, dove C sta, diciamo, per fortuna, per cui ti può capitare la busta che proprio entri in un bosco oscuro e fai una figura barbina, oppure ti può capitare la busta proprio su quelle quattro cose che sai alla grande e fai un figurone. È come se si passasse, in una tv generalista, dal quiz ( lascia o raddoppia?) al talent ( ecco la performance del giovane artista, che ci presenti?). È la modernità, lo so.
Intanto, il ministro Fioramonti è tornato a fare la voce grossa sulla manovra economica, se non usciranno i 3 miliardi che lui ha chiesto per il mondo della scuola, è pronto a dimettersi. Fioramonti chiede una «linea di galleggiamento», considerando che di miliardi, a occhio e croce, ce ne vorrebbero una ventina. Con sti chiari di luna, chissà se lo ascolteranno. Ma l’esame di Stato è cambiato.