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Da Montesi a Ruby. La storia della Repubblica è costellata di storie boccaccesche e spy-stoy erotico-giudiziarie
Sfrontato e sboccato il quotidiano Libero punta sul pecoreccio spinto. Titola ' La patata bollente', illustra con foto della presunta focosa, prima cittadina della Capitale, azzarda paragoni con la celebrata erotomania del Priapo di Arcore e delle sue olgettine.
Forse i pecorecci ci pigliano e forse no, ma certo è che di corto circuiti esiziali tra letto e Palazzo la storia patria ne conta una discreta quantità. Ma in questo caso almeno non sfigura: non è che gli altri Paesi stiano messi meglio dell’Italietta sboccata ma pudibonda. Del resto qualcuno pensa davvero che le attività di spionaggio e dossieraggio a cui si abbandonano così volentieri polizie e servizi segreti di tutto il mondo, a partire dall’ineguagliato Fbi di Edgar J., mirino a origliare segreti politci e non soprattutto tutto quel che confina e spesso sconfina col porno?
Storie per lo più boccaccesche ma a volte tragiche, come la morte della povera Wilma Montesi, ritrovata cadavere sulla spiaggia di Torvaianica l’ 11 aprile del 1953, quando era già morta da tre giorni. Le cause della morte sono a tutt’oggi ignote, ma lo scandalo, certamente il più fragoroso della storia italia- na, costò la carriera ad Attilio Piccioni, l’alto papavero Dc in predicato di succedere a De Gasperi. Bastò il sospetto che la poveraccia, peraltro illibata, avesse partecipato a un innominabile festino poco prima del decesso in compagnia del musicista Piero Piccioni, fidanzato della diva Alida valli nonché figlio del pezzo grosso scudocrociato.
La vicenda tenne banco per mesi e mesi sui giornali, coinvolse i palazzi del potere e quelli dell’opposizione, i giornali con tanto di non disinteressati editori dietro e lo scintillante universo di Cinecittà. E Boccaccio ci finì in mezzo di nuovo, quando due giornalisti sorpresero Giuseppe Sotgiu, principe del foro e politico di spicco del Pci, difensore di uno dei principali imputati nel processo Montesi, mentre accompagnava la consorte in una casa d’appuntamenti dove la stessa potesse congiungersi con diversi giovanotti di fronte agli occhi rapiti del marito. Essendo all’epoca il Pci lanciato in una campagna che sfruttava il caso Montesi per dimostrare il discutibile livello morale dei democristiani il fatto si rivelò increscioso.
Piccioni non era il primo democristiano a ruzzolare per colpa del sesso. Carlo Sforza avrebbe dovuto succedere a De Nicola come capo dello Stato. La candidatura pareva certa, il discorso di accettazione dell’alto incarico già scritto. Un attimo prima del solenne momento iniziarono a fioccare voci sulle sue attività di ' donnaiolo'. Bastarono e avanzarono. Un ' cacciatore di gonnelle' ( definizione di Giorgio la Pira, un sant’uomo) come primo cittadino? Giammai.
All’epoca, del resto, non era neppure necessario cogliere sul fatto. Le dicerie potevano bastare. Bastarono di certo a frenare la corsa al Quirinale di Giovanni Leone nel 1964. Lo azzopparono mettendo in circolazione dettagliati e probabilmente falsi resoconti sulla licenziosità della sua signora, corredati da apposito fotomontaggio copyright Sifar. Non paghi i ragazzi ci riprovarono sette anni dopo, con Leone di nuovo in corsa per il Colle: il servizio aveva cambiato nome ma non metodo. In occasione di una festosa crociera il Sid imbarcò un proprio agente travestito da marinaio col preciso mandato di fotografare Vittoria Leone in atteggiamenti quanto più possibile spinti. Andò male. Dovettero accontentarsi del marito colto in posa un po’ ridicola, mentre cantava a squarciagola, e Leone diventò davvero il sesto presidente.
La differenza tra il dossieraggio e l’uso del letto come arma di distruzione politica nella prima o nella seconda Repubblica è semplice. Ai bei tempi dell’ipocrisia democristiana ' si faceva' ma cercando di dirlo il meno possibile. Quando per convincere il ferrigno Mario Scelba a soprassedere sulla strenua opposizione alla nascita del primo centrosinistra fu necessario ricorrere al ricatto, ricordandogli foto alla mano l’esistenza di un’amante e di una figlia segreta, si procedette senza pensarci su due volte, ma senza clamore. Come si conviene tra politici e spioni di mondo.
Nella rilassatezza sbragata della seconda Repubblica il salto dai cassetti segreti alle prime pagine strillate è diventato immediato, senza nemmeno darsi il tempo di allestire un dossier come Hoover comanda. Per colpire Massimo D’Alema bersagliando il suo portavoce Fabrizio Rondolino fu sufficiente fingersi sconvolti per la paginetta di un suo libro appena pubblicato ( da Einaudi) in cui veniva descritta una fantasia erotica. Dovette rassegnare le dimissioni. Per lavorare ai fianchi il presidente del consiglio Prodi bastò una foto del suo portavoce Sircana impegnato a scambiare due chiacchiere sulla pubblica via con una trans.
Sircana se la cavò con poco danno. Al governatore del Lazio Piero Marrazzo la passione per le trans costò molto di più, in una storia torbida iniziata sotto il segno dell’Aretino e finita sotto quello di James Ellroy, con tanto di morti misteriose di un paio di abitanti dell’underworld coinvolti nel fattaccio. Ma il bersaglio grosso era un altro, e non si può dire che Silvio Berlusconi non prestasse il fianco. Prima fu Noemi Letizia, l’adolescente al cui diciottesimo compleanno l’uomo più potente della Repubblica scelse di partecipare senza ulteriori spiegazioni, rimettendoci il matrimonio. Poi Patrizia D’Addario, che nel ' lettone di Putin', come da silviesca definizione, si portava dietro il registratore nascosto, nemmeno fosse una cronista della Stampa alle prese con Berdini. Alla fine arrivò Ruby, che sta a Berlusconi come Savasta alle Brigate rosse e dietro di lei una folla di bellezze esotiche e procaci, le olgettine, da fare invidia alle Baccanti.