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L’ex padre padrone dello Zimbabwe Robert Mugabe è morto all’età di 95 anni dopo essere stato costretto a lasciare il potere nel 2017. Era malato e ricoverato da tempo in una clinica di Singapore. Negli ultimi anni del suo regno Mugabe è salito alla ribalta della cronaca ed è diventato noto al grande pubblico per il suo contrapporsi alla comunità internazionale arroccandosi su posizioni di chiusura che alcuni paragonavano addirittura a quella della Corea del Nord. Ma quella di Mugabe è stata una lunga e complessa parabola che comunque ha segnato profondamente il destino del suo Paese – nel bene e alla fine soprattutto nel male – e ha costituito una storia africana di rilievo. Per capire un po’ di questa parabola ci si può rivolgere al film del 2005 The Interpreter,
diretto da Sydney Pollack e con protagonisti Nicole Kidman e Sean Penn, che seppur con nomi e dettagli di fantasia, si richiama apertamente alla vicenda del presidente dello Zimbabwe. Vi si racconta come il protagonista da eroe della lotta per l’indipendenza e la giustizia si trasformò in un dittatore sanguinario. Nato nel 1924 a Harare, in quella che allora era la colonia britannica della Rhodesia meridionale, si laureò in scienze politiche in Sudafrica e sposò le idee marxiste. Aderì a diversi movimenti indipendentisti e anti- colonialisti ( NDP, ZAPU, ZANU), spingendosi su posizioni sempre più estreme e predicando la lotta armata anche a dispetto dei principali leader indipendentisti di allora che promuovevano il dialogo con la Gran Bretagna. Per questo motivo fu recluso dal 1964 al 1976, quando si rifugiò in Mozambico scappandovi a piedi.
Nel frattempo scalò posizioni nella gerarchia della guerriglia finendo per assumerne la guida, e nel 1976 fece nascere il Patriotic Front ( PF). Nel 1979 partirono le trattative con i governanti della Rhodesia meridionale e con il sostegno britannico nel 1980 il Paese divenne indipendente cambiando nome in Zimbabwe. Sconfiggendo a sorpresa altri leader indipendentisti più quotati, Mugabe vinse le elezioni e divenne primo ministro, carica che fece abolire nel 1987. Contemporaneamente divenne presidente dello Zimbabwe, concentrando nelle proprie mani un potere sempre più assoluto. Il suo governo fu accusato di aver perseguito con mezzi spietati e violando sistematicamente i diritti umani la persecuzione delle minoranze etniche e la repressione del dissenso. Gli sono state rivolte accuse di corruzione e persino di essersi appropriato degli aiuti internazionali, indispensabili in un Paese come lo Zimbabwe che sotto il suo Governo ha conquistato il dubbio primato di essere tra i più poveri Stati al mondo. Nel novembre 2017 mancavano pochi mesi alle presidenziali cui si sarebbe ripresentato per l’ennesima volta, in virtù del fatto che lui stesso aveva abolito in passato il limite di mandati.. Mugabe decise di destituire Emmerson Mnangagwa, l’ex vicepresidente ed ex capo dei servizi di sicurezza. Molti vi lessero una mossa per preparare la propria successione a favore dell’intraprendente seconda moglie Grace. Ci fu una ribellione, e dopo una breve incertezza in cui si temette la guerra civile e non era chiaro da che parte stessero l’esercito e il partito al potere Zanu- PF, Mugabe fu destituito e accettò di ritirarsi in cambio dell’immunità per sé e i familiari