Rimettere l’America al centro del mondo, come ai vecchi tempi, in un intreccio di idealismo e interessi concreti. Magari non con la grinta minacciosa del gendarme sulla falsariga della “guerra infinita” di George W. Bush e dei suoi Rasputin neocon all’indomani dell’ 11 settembre, ma di certo con la vocazione del guardiano o comunque del garante della democrazia, termini che risulteranno indigesti per chi li ha sempre ritenuti un fattore di instabilità e non di pace e concordia. Il discorso alla nazione di Joe Biden pronunciato dallo studio ovale della Casa Bianca appena tornato dal Medio Oriente, come ha detto lui stesso, segna in ogni caso un drastico «punto di svolta» per la politica estera degli Usa negli ultimi 15 anni, un ritorno al protagonismo planetario, però in uno scenario globale profondamente cambiato e molto più indecifrabile.

Dopo l’isolazionismo di Donald Trump, ma anche dopo le esitazioni e i ritiri di Barack Obama che vide spuntargli sotto il naso lo Stato islamico in Siria e Iraq, Washington butta tutto il peso del suo corpaccione nelle nuove crisi internazionali. Più che la vocazione personale di Biden e della sua amministrazione democratica è stata la realtà a tirarlo dentro il calderone: l’invasione russa dell’Ucraina che ha rianimato i fantasmi della Guerra fredda e la nuova guerra tra Israele e Hamas che si annuncia sanguinosa e apocalittica come non mai. I due conflitti sono in tal senso strettamente connessi e «possono allargarsi ad altre parti del mondo con effetti devastanti» avverte Biden: «Hamas e Putin rappresentano minacce differenti, ma hanno in comune l’odio per la democrazia», ha tuonato facendo infuriare il Cremlino che ha definito «assurdo» il paragone. Il vantaggio è che gli Stati Uniti non stanno combattendo personalmente quelle guerre, non hanno marines in prima linea godendo così di buoni margini di manovra per affermare la loro leadership. Lo svantaggio è che non dispongono più della forza materiale, economica e diplomatica di una volta, confrontati a potenze emergenti e per nulla disposte a farsi da parte, contrapposti ad altri “imperialismi” più o meno legittimi.

Da Kiev a Tel Aviv, l’America si stringe attorno ai suoi alleati ai quali destinerà un vagone di miliardi: sessanta per l’Ucraina e 14 per Israele, ma anche un pacchetto di nove miliardi per la catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza. Pur sostenendo lo Stato ebraico e il suo diritto a reagire ai raccapriccianti pogrom del 7 ottobre, nelle ultime settimane Biden ha sfruttato tutto il suo peso per limitare le rappresaglie del governo Netanyahu, sollevando la questione dei civili palestinesi «che non si devono confondere con i terroristi di Hamas» e spingendo per l’apertura di corridoi umanitari allo scopo di evitare una carneficina: «Il popolo ha urgente bisogno di cibo, acqua e medicine», ha ricordato. L’ambizione è rimettere sul tavolo la politica dei “due popoli due Stati” che l’esecutivo nazionalista israeliano ha di fatto seppellito aumentando gli insediamenti illegali in Cisgiordania: «So che oggi sembra difficile, ma è l’unica soluzione per raggiungere la pace». Parole che non saranno piaciute troppo a “Bibi” e ai suoi intransigenti ministri, ma d’altra parte se ti ricopro di miliardi un po’ devi fare come dico io.

Sostenere l’Ucraina del presidente Zelensky, impegnata da un anno e mezzo a proteggere e difendere il proprio territorio è invece una scelta di campo e di guida globale, nell’ottica dello scontro con il gigante russo: «Stiamo guidando una coalizione di oltre cinquanta paesi che si oppongono alla Russia. Cosa succederebbe se andassimo via? Il nostro ruolo è decisivo».

Non sarà semplice convincere il Congresso a stanziare tutti quei dollari, spiegare che si tratta di un investimento per proteggere anche interessi americani: «Invierò al Congresso una richiesta urgente di bilancio per finanziare le esigenze di sicurezza nazionale dell’America per sostenere i nostri partner critici, tra cui Israele e Ucraina. È un investimento intelligente che pagherà dividendi per la sicurezza americana per generazioni»