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Da sinistra: Piera Napoli, Luljeta Heshta, Sonia Di Maggio, Roberta Siragusa
Tocca già quota 7 il computo delle donne vittime di violenza nei primi mesi del 2021. Piera Napoli, 32 anni di Palermo, e Luljeta Heshta, 47 anni uccisa a San Giuliano Milanese, sono gli ultimi nomi che domenica si sono aggiunti al conteggio. Meno di una settimana fa perdevano la vita Sonia Di Maggio, 29 anni, assassinata nella provincia di Lecce per mano dell’ex compagno e la 17enne Roberta Siragusa, fatta ritrovare cadavere dal fidanzato nelle campagne di Caccamo nel palermitano. Sono solo le più recenti vicende di un fenomeno in crescita e sempre più allarmante che ha trovato terreno fertile nei lunghi mesi di lockdown dell’anno appena concluso. Settantadue sono state le vittime di femminicidio in Italia nel 2020. L’Istat ha restituito un’immagine chiara della situazione in un report sugli omicidi, che mostra nei primi 6 mesi dell’anno un numero di delitti contro le donne pari al 45% del totale degli omicidi, contro il 35% dei primi sei mesi del 2019. La percentuale schizza al 50% se si guarda ai mesi di reclusione in casa dovuti alla pandemia di marzo e aprile. Secondo l’Istituto di statistica le donne uccise tra le mura domestiche nel primo semestre 2020 hanno perso la vita per mano dei partner nel 90% dei casi o ex partner (61%). «Chi lavora nei centri antiviolenza non si stupisce di questo incremento» ha detto all’agenzia Italpress Sigrid Pisanu, consigliera dell’associazione D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza, che da oltre dieci anni si occupa della raccolta dei dati in tema di violenza verso le donne. «I periodi faticosi per la società - ha spiegato Pisanu - vedono le donne messe ancora più a rischio. I dati ci dicono che non solo sono in aumento i femminicidi, ma sono proprio le donne che hanno maggiormente perso il lavoro durante il covid. La pandemia ha cambiato il tipo di violenza e ha reso ancora più difficile per le donne uscirne, proprio perché ora hanno meno risorse per poterlo fare. Scollegare le due cose è un grande errore perché la violenza di genere va affrontata anche con un riconoscimento di queste all’interno della società e nel lavoro». Pisanu definisce «Insufficiente e non chiaro» l’intervento dello Stato nei confronti dei centri antiviolenza: «Non c’è continuità né garanzie, ci sono zone in Italia economicamente più supportate, altre che invece non hanno questo tipo di sostegno, gli aiuti sono troppo a macchia di leopardo. Lo Stato - ha aggiunto - dovrebbe garantire l’esistenza e la sussistenza dei luoghi per l’ascolto delle donne in maniera continuativa, oltre che una maggiore prevenzione, a partire dalle scuole». Nulla di sconosciuto alle cronache, visto che, come riporta l’Istat, nel 2019 il numero dei femminicidi aveva raggiunto quota 101 e nel 2018 la percentuale di uomini imputati di omicidio era stata del 93%. Da qui l’appello di Pisanu: «I numeri sono costanti da molti anni, la violenza non può essere trattata come un’emergenza, perché non ha un inizio e una fine ma perdura».