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Giorgio Palù, virologo
"Primum vivere": è questo il leitmotiv della nostra intervista a Giorgio Palù, professore emerito dell'Università di Padova, presidente uscente della Società europea di virologia, che ospitiamo nuovamente sulle nostre pagine per commentare questa nuova fase dell'epidemia da Covid 19.
Professore, come interpretare questi nuovi dati sui contagi?
In larga misura si tratta di contagi da importazione, si tratta di piccoli focolai di persone o asintomatiche o che manifestano pochi e non gravi sintomi della malattia.
Quindi non dobbiamo preoccuparci?
Sarebbe stato meglio se la curva dei contagi si fosse azzerata ma i contatti tra le persone nel nostro Paese sono aumentati in questa fase. Se ci aggiungiamo quelli che provengono dall'estero è normale trovarsi in questa situazione. Stiamo affrontando una pandemia globale durante la quale il traffico di uomini e merci non si ferma.
In questo contesto l'app Immuni può essere utile?
L'app non ha funzionato fino ad ora perché credo che l'abbia scaricata solo il 10 per cento della popolazione, ben al di sotto del 65 per cento richiesto per la sua effettività utilità. Ci sono altre misure di tracciamento: quello sull’anagrafe clinica e biologica e quello telefonico, Garante della privacy permettendo. Il tracciamento tradizionale funziona interrogando i positivi, i loro contatti e i contatti di questi ed effettuando le analisi virologiche ed applicando l’isolamento domiciliare e la quarantena.
Il governo pensa di estendere lo stato di emergenza fino a dicembre. Cosa ne pensa?
Credo che sia una misura cautelativa che potrebbe rappresentare anche un monito per la popolazione: i cittadini dopo tre mesi di lockdown si sentono liberi in una bella stagione ma non bisogna abbassare la guardia. A questa misura dovrebbero seguire provvedimenti operativi perché bisogna garantire sopra ogni cosa la salute: primum vivere dicevano i latini. Torno a ripetere che è fondamentale la tracciabilità con tutti gli strumenti a nostra disposizione. Oltre a questo occorrerebbe che venissero messe in atto misure per la programmazione futura, come l'istituzione di centri per la preparazione e per la risposta rapida a nuove ondate e nuove pandemie.
Addirittura nuove pandemie?
Certo, stiamo alterando il pianeta, stiamo occupando nicchie ecologiche abitate da animali selvatici che diventano nuovi vettori di trasmissione. Bisogna investire in cultura, scienza e in quella ricerca virologica che si occupi non solo dei virus che infettano l'uomo ma anche di quelli che infettano gli animali e sull’evoluzione e diffusione di questi all’interfaccia animale/ uomo, al fine di individuare ed anticipare nuove zoonosi prima di una grave espansione.
Cosa aspettarci in autunno per quanto riguarda il Covid 19?
Prevedere è difficile: si tratta del primo coronavirus pandemico. Possiamo solo ipoteticamente assimilarlo ad una pandemia da virus respiratori, influenzali che si trasmettono per via aerea. Quindi dovremmo dire che se il Covid19 si comporta come un virus respiratorio allora con i cambiamenti climatici quali l'abbassamento delle temperature e l'umidità insieme all'aumento degli assembramenti è possibile che ritorni anche perché abbiamo avuto almeno 13 milioni di persone infettate nel mondo: il virus ha trovato un grosso serbatoio umano per diffondersi.
Si trova d'accordo nell'introdurre il Tso o il carcere per chi non rispetta la quarantena?
I cinesi hanno preso misure anche più estreme di questa, inclusa la pena di morte per gli untori, misure che sono state efficacissime nel limitare l'epidemia. Tornando a noi, credo che siano misure importanti che in un certo momento vadano prese perché qualche soggetto infettato potrebbe diventare pericoloso per sé e per gli altri. Ripeto: primum vivere. La salute è garantita dalla Costituzione e come diritto viene prima di tutti gli altri. Se c'è la salute c'è l'economia, c'è la prosperità e la possibilità di sviluppo. Se qualcuno ha scelto, volontariamente o involontariamente, di fare l'untore contro il benessere della comunità bisogna ricorrere ad ogni mezzo deterrente.
Cosa se ne pensa della sovraesposizione mediatica di alcuni scienziati?
Penso che sia dannosissima prima di tutto per la scienza perché essa perde così di credibilità. Con questo virus sappiamo che è molto difficile fare ipotesi. Ma quanti abbagli hanno preso i biostatistici e matematici con le loro previsioni sui morti e i ricoverati in rianimazione, per esempio? Dobbiamo affidarci ai calcoli ma devono essere rigorosi: che uno scienziato si sbilanci troppo o addirittura si compiaccia che riprenda l'epidemia perché ciò confermerebbe la propria tesi e lo manderebbe alla ribalta lo trovo biasimevole. La scienza deve essere prima di tutto umile: essa avanza per ipotesi che devono essere suffragate; procede grazie al principio popperiano della falsificazione. Purtroppo in questo periodo abbiamo assistito alla pubblicazione di dati e lavori - poi ritirati - anche sulle riviste più serie come The Lancet e il New England Journal of Medicine: ciò significa che la fretta è cattiva consigliera. Anche però voi giornalisti prima di interpellare qualcuno dovreste conoscere il suo curriculum, vedere se ha esperienze riconosciute in quel settore e se gode del credito della comunità scientifica internazionale.