Cosa aveva mai nella testa Yoon Suk Yeol quando dal nulla ha deciso di promulgare la Legge marziale? Pensava davvero di risolvere i conflitti politici facendo ritornare il suo Paese ai tempi della dittatura militare?

Il golpe lampo del presidente sudcoreano oltre ad aver dato i brividi alla comunità internazionale lascia sconcertati per la sua insensatezza e irrazionalità. Tutte le forze politiche si sono immediatamente schierate contro il colpo di mano, respinto da Parlamento e alla fine revocato dallo stesso Yoon che ora si incammina mestamente verso la procedura di impeachment, prevista tra domani e venerdì. 

Di fatto la crisi è durata appena sei ore. E nessuno ha ancora capito per quale motivo Yoon è ricorso a uno strumento così estremo, accusando l’opposizione addirittura di complicità con regime comunista di Pyongyang. Secondo il delirante discorso alla nazione con cui aveva annunciato l’entrata in vigore della Legge marziale, Yoon ha definito il Parlamento «un rifugio per criminali» solamente perché l’ostruzionismo dell’opposizione ha portato a consistenti tagli allla legge di bilancio per il prossimo anno. Un classico stallo che caratterizza i sistemi democratici e la complessa dialettica tra potere esecutivo e legislativo che mai avrebbe potuto giustificare la sospensione delle libertà civili e politiche.

Fin dal suo insediamento Yoon si è distinto per una guida populista e autocratica, in particolare contro i media a lui sgraditi come la rete Mcbc, accusata di minare l’alleanza con Washington perché aveva diffuso un video in cui lo stesso Yoon sparava a zero sul Congresso americano. Con il suo arrivo al potere nel 2022 la tv di Stato KBS ha licenziato circa settanta giornalisti e funzionari ritenuti troppo critici nei confronti del governo. Le cause per diffamazione, reato che per il codice penale sudcoreano è punito con il carcere, si sono moltiplicate.

Allo stesso tempo diversi dirigenti dell’opposizione, tra cui l’ex presidente Moon, sono stati oggetto di inchieste giudiziarie per corruzione senza che venisse mai dimostrata la loro colpevolezza. Un rapporto dell’ong svedese V dem fotografa l’inquietante deriva della Corea del sud sul fronte dei diritti e della democrazia, passando dal 13esimo del 2019 al 47esimo posto del 2023 secondo l’indice che misura le “democrazie liberali” e che tiene conto della libertà di espressione e associazione, dell’equità delle elezioni e del sistema giudiziario.

L’ascesa politica di Yoon è stata favorita dalla sua fama di paladino anti-corruzione che lo ha reso popolare tra l’elettorato. Avvocato di formazione, fin dai primi anni 90 Yoon ha svolto il ruolo di procuratore distrettuale, specializzato nei reati finanziari.

Nella sua veste di capo dell'ufficio del procuratore centrale di Seul, ha svolto un ruolo chiave nella condanna degli ex presidenti Park Geun-hye e Lee Myung-bak per abuso di potere. L'allora presidente Moon nominò Yoon procuratore generale della Corea del Sud nel 2019. Durante la sua leadership, l'ufficio del procuratore supremo condusse indagini sul ministro della giustizia Cho Kuk che lo portarono alle dimissioni. Durante il suo mandato oltre cento funzionari di Stati incriminati da Yoon, molto poche però le condanne. Entrato in conflitto con Moon si dimette nel 2021 e decide di scendere in campo, vincendo da indipendente le primarie del People Power Party e diventando il candidato dei conservatori alle presidenziali dell’anno successivo.

Tradizionalista sul fronte dei diritti civili, ostile ai movimenti femministi che accusa di aver contribuito al calo della natalità in Corea del sud, appena giunto al potere ha abolito il Ministero dell’uguaglianza di genere e della famiglia. Sul fronte economico ha invece seguito la classica politica di deregulation con tagli al welfare e alle tasse per le grandi imprese, vantando un approccio scettico alle tematiche ambientaliste.

Il carattere autoritario della sua presidenza e la scarsa attitudine alla mediazione e al compromesso hanno provocato una rapida e altrettanto consistente perdita dei consensi, il tasso di popolarità è precipitato e le elezioni legislative della scorsa primavera hanno segnato una forte avanzata del Partito democratico, principale forza di opposizione, ormai capace di bloccare in Parlamento le iniziative del governo.