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Dopo oltre quarant’anni la Legge marziale torna in Corea del sud. In un inatteso discorso alla nazione il presidente Yoon Suk Yeol ha annunciato la sospensione di tutte le attività politiche nel Paese, comprese quelle del Parlamento, che da ieri è occupato dalle forze armate. Anche la libertà degli organi di informazione è stata sospesa ed è passata sotto il controllo del governo mentre militari e polizia pattugliano le strade delle principali città.
A gestire l’emergenza il generale Park An-su, che da ottobre del 2023 ricopre la carica di Capo di stato maggiore dell’Esercito. Vietati cortei, raduni e assemblee: i trasgressori potranno venire arrestati senza il mandato di un giudice come prevede l’articolo 9 della Legge marziale.
L’improvviso colpo di mano di Yoon, al potere dal marzo del 2022, costituirebbe una risposta a presunti tentativi di eversione da parte di forze «filocomuniste vicine alla Corea del Nord». Il presidente punta il dito in particolare contro i deputati dell’opposizione e lo fa con parole pesantissime: «La nostra Assemblea nazionale è diventata un rifugio per criminali, una tana di dittatura legislativa che cerca di paralizzare i sistemi giudiziari e amministrativi e di sovvertire il nostro ordine democratico liberale».
Nelle scorse settimane il People Power Party (PPP) di Yoon ha combattuto un’aspra battaglia parlamentare con la principale forza d'opposizione (il Partito Democratico) attorno alla legge di bilancio del prossimo anno che alla fine è stata approvata con un budget decisamente ridotto rispetto alle intenzioni del governo. L’ostruzionismo dell’opposizione secondo Yoon proverebbe una volontà di sabotaggio politico, di paralizzare le principali attività dello Stato: «Hanno bloccato il sistema giudiziario, compromesso gravemente le funzioni essenziali dello Stato tagliando tutti i principali stanziamenti per le operazioni pubbliche fondamentali, per il contrasto al narcotraffico e per la sicurezza pubblica, Estirperò le forze antistatali responsabili del declino della nostra nazione».
Ma il presidente non fornisce prove e riscontri per le sue accuse, nulla che in ogni caso spieghi le ragioni che stanno dietro una decisione così estrema, che sembra riportare la Corea del sud ai tempi della dittatura militare del generale Chun Doo-hwan. Un gesto drammatico e apparentemente sconnesso dalla realtà che crea sconcerto in quasi tutta la classe politica. Al punto che lo stesso leader del PPP, compagno di partito di Moon, si è schierato contro l’instaurazione della Legge marziale e ha chiesto al capo dello Stato di annullare il provvedimento.
L’ex presidente Moon Jae-in un messaggio su X ha lanciato un appello a tutte le forze politiche e della società civile per «salvare la democrazia perché l’Assemblea nazionale possa funzionare normalmente». Lee Jae-myung, leader del Partito Democratico ha da parte sua chiamato i militanti a scendere in piazza davanti il palazzo del Parlamento di Seul dove si sono verificati violenti scontri con le forze di sicurezza. Ci sono stati momenti drammatici, con l’entrata dei militari all’interno dell’Assemblea, che proprio in quel momento stava votando per l’immediata revoca della Legge marziale che, come prevede la Costituzione sudcoreana, richiede il voto della maggioranza del Parlamento: dei 300 deputati, 190 erano presenti e tutti si sono espressi a favore di una mozione che aveva chiesto il ritorno alla normalità democratica.
Grande attenzione nelle cancellerie occidentali, molto preoccupate per la stabilità politica di uno dei principali alleati nell’area sud est asiatica. «Siamo in contatto con il governo della Corea del Sud, il presidente Biden segue attentamente la situazione» spiega alla Cnn un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca. Londra, per bocca del premier Keir Starmer, invece invita i cittadini britannici residenti in Corea del Sud a seguire le disposizioni del governo e a evitare manifestazioni pubbliche.