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Conte spera. Conte trema. Conte si attacca al telefono e martella i capibastone a cinque stelle. Conte prepara la resistenza. Se le elezioni in Emilia- Romagna registreranno la vittoria della Lega reggere, per il governo, sarà difficilissimo. Sulla carta la controffensiva è già scritta, condivisa da Conte, Gualtieri e Zingaretti. Solo che una cosa sono i progetti, i disegni, spesso i sogni: Tutt'altra la rude pratica di governo, condizionata da una realtà plumbea.
La corsa per varare il dl cuneo fiscale un attimo prima del voto è eloquente. Se l'Emilia sarà persa il clima sarà pre- elettorale a tempo pieno: dunque bisognerebbe tentare l'azzardo di una riforma fiscale ciclopica e ambiziosa, e porsi l'obiettivo di un massiccio incremento dell'occupazione giovanile. Due fronti, tasse e lavoro, dai quali secondo Conte e il Pd dipende tutto. La possibilità di resistere non solo per pochi e agonizzanti mesi. Il miraggio di arrivare alle elezioni politiche, quando saranno, con qualche chance di vincerle.
E' una strada tutta in salita, un sentiero irto di ostacoli che fiancheggia il precipizio, col rischio di caderci sempre incombente. La situazione economica, di per sé, basterebbe a rendere l'obiettivo di una ripartenza con obiettivi più che ambiziosi quasi irraggiungibile. Si aggiungeranno, se il verdetto emiliano sarà per il governo infausto, le scosse di terremoto interne alla maggioranza. Ci vorrebbe il massimo di unità: Non ci sarà. Renzi condivide l'impostazione di fondo: puntare tutto e anche qualcosa in più sul rilancio dell'economia. La via che intende seguire per arrivare a dama, però, passa per una plateale sconfessione dell'intera impostazione pentastellata. Sin qui l'ex premier si è limitato a ripeterlo a ricordarlo in ogni occasione possibile. Se Zingaretti uscirà sconfitto, e dunque azzoppato anche come segretario del Pd, non saranno più solo moniti e frecciate ma imposizioni e ricatti. Con al primo posto, probabilmente, la richiesta di sostituire Guseppe Conte a palazzo Chigi.
Per un M5S che, con le dimissioni bellicose e pensate come rilancio e non come resa di Di Maio, è entrato nella fase di deflagrazione conclamata subìre i diktat di Renzi non sarà possibile. Al contrario, è probabile che sotto la sferza di un risultato di lista che difficilmente sarà meno che disastroso e in un vuoto di leadership che Vito Crimi è il meno indicato a colmare i 5S si appiglieranno al solo punto fermo di cui dispongano: fare quadrato intorno ai comandamenti del loro catechismo, del tutto incompatibili con la direzione che mira a indicare Renzi.
Ma il ' cronoprogramma' non è tutto. Alla vigilia non ne parla nessuno, ma dal mo- mento stessa della chiusura delle urne, a ben maggior ragione in caso di sconfitta di Bonaccini, riemergerà con potenza decuplicata il nodo dell'alleanza strategica con il Pd. E' già evidente che la formula dell'alleanza momentanea, imposta solo dalla paura di Salvini, non funziona ed è anzi controproducente. Una riproposizione dell'esperienza fallimentare umbra, però, sarebbe un rimedio peggiore del male. Anche alleanze locali tenute insieme con lo spago e decise a malavoglia servirebbero a poco e forse, anzi, si rivelerebbero ancor più dannose. Sia le chances di mettere in cantiere un programma capace di risollevare la popolarità dei partiti di maggioranza, sia la speranza di non uscire massacrati dalla raffica di elezioni regionali in primavera, sia, infine, l'obiettivo principale, quello di arrivare alle elezioni politiche in posizione almeno competitiva passano per la trasformazione dell'attuale maggioranza raccogliticcia e posticcia in una vera coalizione.
Va da sé che un passo del genere non potrebbe comunque arrivare all'ultimo momento, sull'orlo delle elezioni politiche. Sia pure con la libertà di movimento garantita dal proporzionale, sempre che sia alla fine approvato davvero, quella coalizione dovrebbe configurarsi gà nei prossimi mesi e anzi nelle prossime settimane. In realtà l'urgenza ci sarebbe anche in caso di vittoria di Bonaccini, perché un rischio così alto di sconfitta del Pd in Emilia, sarebbe comunque ben oltre i confini dell'allarme rosso. Diventerà però imperiosa in caso di sconfitta, tanto più se a determinare il sorpasso leghista fosse proprio la presenza in campo di lista e candidato a cinque stelle. Ma su quel fronte le barricate degli autonomisti, guidati da un Di Maio per nulla fuori gioco e da Di Battista, saranno difficilmente espugnabili. E forse il rischio più immediato, se non maggiore, per Giuseppe Conte è che in queste condizioni sia il Pd stesso a considerare le elezioni entro la primavera o in ottobre il male minore.